Vita del Santo
Aveva poco meno di quindici anni, la giovane nobile e bella Agata, quando decise di offrire la sua vita al Signore. Il vescovo di Catania le impose sul capo il “flammeum”, il velo rosso portato a quei tempi dalle vergini consacrate. Un pudore, il suo, che ne accresceva fascino e bellezza. Quinziano, proconsole di Sicilia giunse a Catania – città fiorente posta in ottima posizione geografica, con un grande porto, che costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo – anche per far rispettare l’editto imperiale che chiedeva a tutti i cristiani l’abiura pubblica della loro fede. Affascinato da Agata che seppe essere una consacrata, se ne invaghì perdutamente, desiderando di farla sua con ogni mezzo. Le ordinò di adorare gli dèi pagani, ma la fede in Dio e il proposito della giovane Agata rimasero incrollabili. A nulla valsero i proposti del proconsole di mutare gli stili di vita della giovane, imprigionandola e affidandola a donne di facili costumi come Afrodisia, che tuttavia non riuscì a corromperla. Quinziano avviò un processo contro Agata, che ferma nei suoi propositi e retta da una fede incrollabile, fu sottoposta ad atroci supplizi: il suo corpo fu lacerato con punte di ferro e straziato da lamine infuocate che tuttavia non fecero bruciare il suo velo. Per questa ragione il velo di sant’Agata fu da subito una delle reliquie più preziose, a protezione delle roventi colate della lava dell’Etna. I suoi seni furono recisi con enormi tenaglie: un segno distintivo del suo martirio che la porterà ad essere invocata e pregata ancor oggi dalle donne che allattano o soffrono di patologie al seno. Al culmine della sofferenza, si narra che Agata si rivolse al suo tiranno con queste parole: «Non ti vergogni di tagliare a una donna un organo dal quale tu stesso hai succhiato il latte da tua madre?»
Agiografia
Agata la bella, Agata la forte. La purezza e la dedizione cristiana della santa catanese continuano ad ispirare le donne di oggi. Agata incarna la fierezza e il coraggio di fronte alle torture, rimanendo salda nella certezza che il bene trionferà sul male, grazie al sostegno di Dio. La sua bellezza, più frutto della grazia divina che delle sue caratteristiche fisiche, è un altro aspetto della sua virtù. Per questo, Agata è considerata un esempio di donna cristiana: bella, forte, coraggiosa e paziente, soprattutto quando la fede richiede di affrontare ingiustizie e la morte. La sua vita e il suo martirio sono un richiamo costante alla coerenza della fede, anche nei momenti di sofferenza estrema. Durante l’incontro con i giovani a Catania il 5 novembre 1994, papa Giovanni Paolo II ha messo in luce l’esemplarità di Sant’Agata, rivelando il suo segreto: «Se chiedessimo alla vostra giovane patrona come sia stata capace, a soli quattordici anni, di testimoniare con tanta forza Gesù e di essere così matura da dare la vita per Lui, ci risponderebbe: non è merito mio se sono stata buona, è stato Gesù a farmi tale. Lui è il segreto del mio nome e della mia vita. Io sono semplicemente un tralcio attaccato alla vite».
Intervista impossibile di Monsignor Luigi Renna alla Santa
- Come accogliere, da sacerdote e da vescovo, la sofferenza delle donne che incontro?
Caro Vescovo, ai miei tempi i cristiani erano pochi, rispetto a quelli che oggi ci sono a Catania, e il nostro vescovo aveva la possibilità di incontrare tutti noi con molta facilità. Oggi per te è diverso, ma occorre ascoltare personalmente e fare rete. Oggi c’è tanto bisogno di ascolto e di creare empatia, nel vuoto di sentimenti che molte donne sperimentano. L’ascolto non può essere sporadico, né concludersi in poche “battute”, per questo c’è bisogno di dare tempo e di creare una rete di relazioni. Come Vescovo so che hai incontrato tante situazioni di sofferenza in colloqui che ti hanno manifestato la sofferenza di un amore tradito, di un presunto amore carico di violenza e di narcisismo. Importante è che tu faccia rete con associazioni e persone (come il Telefono rosa per la Sicilia) che, anche con la professionalità, ad esempio di uno psicologo, hanno potuto aiutare queste donne a prendere le distanze da chi aveva fatto loro del male, e dal quale non riuscivano a distaccarsi, sperando inutilmente in un cambiamento di stile di vita.
- Oggi i giovani hanno fretta di bruciare le tappe anche nella loro affettività. Come aiutarli a ritrovare la bellezza dell’attesa e a riscoprire il valore della purezza?
Purtroppo, sono i modelli degli adulti ed un certo timore dei genitori poco responsabili, ad impedire che si propongono modelli di vita che portino a sentirsi responsabili del proprio corpo, non brucino le tappe di una relazione affettiva e sessuale, abbiano il senso del pudore. Il mondo degli adulti non ha il coraggio di parlare di questi temi perché temo che non vi creda egli stesso. Si ha paura, a esempio, a parlare della violenza che è insita nella pornografia, che “ingerita” fin dalla prima adolescenza sui social, dà una visione distorta della sessualità e della stessa affettività. Anche io, nella casa di Afrodisia, ho visto feste, relazioni furtive, donne e ragazzi che diventavano oggetto di piacere di chi chiunque offrisse loro anche una moneta. Ma in quell’ambiente non ho trovato amore: c’era tanto sesso, tanta euforia, ma anche tanta tristezza, quando tutto finiva. È importante tornare a parlare della bellezza di una relazione fatta di rispetto e di pudore, della castità come di un valore che custodisce la sessualità e la prepara ad essere espressione di amore per una persona. Queste espressioni possono risultare solo moralistiche, ma è importante collocarle, fin nella preadolescenza, nei nostri discorsi di fede e di formazione, sapendo che ci vuole molto tempo per maturare serenamente determinate convinzioni.
- Hai subito un martirio crudele e lo hai affrontato con fede. Come si fa ad accogliere la volontà di Dio anche quando sembra costarci troppo cara?
Non ci si sente mai soli quando si prega e ci si sente sostenuti dalla comunità che continua a pregare per te. Nel carcere ho molto pregato per me e per gli altri cristiani che non ce la facevano ad accettare la prospettiva del martirio, perché la paura può farci rinnegare anche le convinzioni più belle. Mi sono sentita parte di una comunità che, ero sicura, continuava a pregare per me come io avevo fatto per altri cristiani che erano in carcere; ma poi mi sono detta che avrei dovuto dare coraggio agli altri. Se fossi caduta anche io, come tanti, i cosiddetti “lapsi”, molti cristiani, giovani come me, si sarebbero scoraggiati nel seguire il Signore: quando uno di noi avanza, altri lo seguono. Ed io, nella mia piccolezza, con la forza della preghiera, ho avuto la forza di rimanere in piedi. Poi in verità il segreto più grande era quello della mia fede in Gesù Risorto. Credevo che non sarebbe tutto finito con la morte: ero certa che il Signore Gesù mi avrebbe accolto, così come aveva accolto Stefano, il primo martire, e quanti erano caduti sotto i supplizi dopo di lui, con lo sguardo rivolto al Cristo, che è la risurrezione e la vita.
- Catania è ancora oggi innamorata di te. Come possiamo da adulti restituire ai giovani delle periferie e delle aree più povere del nostro Paese uno sguardo di speranza sul futuro?
Io amavo andare nei campi, verso San Giovanni Galermo, dove i miei genitori avevano una fattoria. Incontravo gli schiavi e i ragazzi poveri che lavoravano in quei campi e stavo semplicemente loro vicino, condividevo il mio pane e i cibi che nella mia casa non mancavano. Amavo soprattutto intrattenermi con le ragazze che erano più povere, ed erano felici di avermi come amica. Cercavo sempre di “accorciare” le distanze, perché nel vangelo, durante le veglie del Giorno del Signore, avevo ascoltato che Gesù amava stare con più piccoli, con le persone che gli altri scansavano, che addirittura non aveva paura di incontrare i lebbrosi, che pure, in una zona verso l’Etna, vivevano in alcune capanne. Mi ero proposta che prima o poi, eludendo la vigilanza della mia nutrice, sarei andata a portare loro del pane di grano e delle arance dei nostri agrumeti. Il segreto è condividere, è stare insieme, è dialogare. Non solo “portare qualcosa”, ma portare se stessi. Solo nella solidarietà, che nasce dalla carità che Cristo ci ha insegnato, ci sarà salvezza. È quella carità che mi faceva sentire sorella anche dei figli delle schiave della nostra fattoria!
Segni iconografici distintivi
E’ ritratta solitamente con il velo rosso, simbolo del suo sacrificio e della protezione contro le eruzioni vulcaniche, i seni recisi e le tenaglie, che ricordano le torture subite, il giglio simbolo della purezza e la palma del martirio, simbolo di vittoria e immortalità.
Tradizione gastronomica legata al culto
La cassatella, conosciuta dai catanesi con il nome di “minna di sant’Agata”, è un dolcetto molto diffuso nella tradizione siciliana. La sua forma richiama i seni della santa strappati con le tenaglie per obbligarla ad abbandonare la fede.
Curiosità
I fiori che addobbano il fercolo della santa hanno un significato simbolico molto forte, quelli rossi (4 febbraio) rappresentano il martirio, e quelli bianchi (5 febbraio) sono l’emblema della purezza e della consacrazione a Dio.
Preghiere a Sant'Agata
O gloriosa Vergine e Martire Sant’Agata, tu che, sin dalla prima età, hai consacrato a Dio mente e cuore; tu che hai imitato Gesù nella purezza della vita, nell’esercizio delle più eroiche virtù, nell’offerta generosa del martirio, intercedi per noi ed ottienici di rassomigliarti. La fede in Dio sia così profonda da illuminare la nostra mente e dirigere in bene la nostra vita. Donaci il coraggio di testimoniare sempre il nostro cristianesimo con coerenza e senza paura. Accendi in noi un santo zelo ed una sincera carità per essere apostoli del Signore in mezzo ai nostri fratelli. Così per tua intercessione, o Agata buona, possiamo raggiungere quel fine per cui il buon Dio ci creò e ci redense: la beata comunione nel Suo Regno. Per Cristo nostro Signore. Amen.
(a cura di mons. Giuseppe Bruno)
A te rivolgiamo il nostro sguardo e la nostra supplica, o gloriosa Martire, Agata nostra. Ammiriamo la tua bellezza e il tuo candore di giovane donna; veneriamo la tua fermissima fede e ci sentiamo confortate e sostenute dalle tue sofferenze e dal tuo martirio. Pur offesa e umiliata nella tua dignità e soffrendo molto per la tua delicata fragilità di donna, hai avuto tanto coraggio nel difendere la tua fede e il tuo legame a Cristo e tanta fermezza nell’accusare il tuo persecutore di voler compiere un gesto crudele e disumano. Guarita dall’Apostolo, hai benedetto la misericordia del Signore. A te, o Martire Agata, noi donne, toccate dalla violenza della malattia e dal dolore, affidiamo il nostro cuore, noi stesse e le nostre famiglie. Ti preghiamo di vegliare su di noi e di non farci sentire né sole, né inutili, né sconfitte dalla vita. La tua amabile presenza sarà la nostra forza, la tua intercessione e il tuo sorriso saranno la nostra fiducia nel domani. Il tuo coraggio camminerà con noi verso i giorni senza più paura. Con te e con il tuo amore benediciamo il Signore Gesù, nostro Salvatore e Redentore, che vive e regna glorioso nei secoli dei secoli. Amen.
(di mons. Giuseppe Bruno)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice
- Sant’Agata da Catania, Gaetano Zito, Elledici Editore.