Vita del Santo
«Vidi che il bambino era veramente ripieno di Spirito Santo e mi stupii dell’opera della grazia divina in un ragazzo così piccolo». È lo stesso don Giovanni Bosco, di cui Domenico Savio fu allievo, a tracciare nei suoi scritti il profilo della precocissima fede del giovinetto. Nato in provincia di Torino e assorbito dalla profondità degli insegnamenti di gioiosa fratellanza, propria della famiglia salesiana di Valdocco, il piccolo Domenico era in grado già all’età di cinque anni di servire la Messa. Un intento, quello di seguire il Signore, manifestato fin da subito. Domenico avvicinò don Bosco e gli domandò: «Come devo fare?». Lui gli rispose: «Servi il Signore nella gioia». Gesù divenne così il suo “amico speciale”, e Domenico con il suo carattere aperto e gioviale conquistò l’ascolto di tutti. Durante le vacanze a Mondonio, il paese dove i suoi si erano sistemati, animava i giochi degli amici e insegnava il catechismo. All’oratorio di don Bosco, bruciava di passione per essere simile a Gesù Crocifisso, nascondendo tra le lenzuola alcuni sassolini per fare penitenza per la conversione dei ragazzi lontani da Dio. Una mattina di gennaio, don Bosco lo trovò tutto intirizzito con una sola coperta: «Perché Gesù sulla Croce era più povero di me», rispose Domenico. Nel 1856 fondò la Compagnia dell’Immacolata, importante testimonianza della sua elevata spiritualità. Morì la sera del 9 marzo, mentre il papà gli leggeva la preghiera della buona morte. Domenico si colorò in volto e con voce vivace disse al padre: «Papà…che bella cosa che io vedo mai!».
Agiografia
Sei mesi prima della sua morte, Domenico fu protagonista di un episodio che ha segnato la sua vita e la devozione che ancor oggi viene riposta verso la sua figura. Pare che il giovane avesse chiesto a don Bosco il permesso per andare a visitare la mamma, costretta a letto in stato di gravidanza e minata da condizioni di salute molto gravi. Dopo averla abbracciata e averle gettato le braccia al collo, Domenico tornò a Torino, dove don Bosco si informò sullo stato della malattia: «L’ho fatta guarire con l’abitino della Madonna che le ho messo al collo», rispose il ragazzo. La mamma guarì rapidamente e portò a termine la gravidanza con la felice nascita di Maria Caterina, la bambina che portava in grembo. In seguito, le vicine trovarono al collo della puerpera un nastro con attaccato un pezzo di seta piegato e cucito, proprio a foggia di abitino: «Ora comprendo perché mio figlio Domenico, prima di lasciarmi, mi volle abbracciare», disse nel guardarlo sua madre. Da quel fatto prodigioso, Domenico Savio è invocato a protezione delle culle e delle partorienti, specialmente verso coloro che hanno difficoltà a portare a termine la gravidanza. «Vi raccomando di conservarlo con ogni cura, e di imprestarlo quando saprete che qualche vostra conoscente si trova in condizioni pericolose come foste voi in quel tempo; perché come ha salvato voi, così salverà le altre. Vi raccomando però d’imprestarlo gratuitamente, senza cercare il vostro interesse», suggerì Domenico alla madre. Ancor oggi, l’abitino di Domenico Savio viene richiesto alla famiglia salesiana e indossato con devozione dalle gestanti, come gesto di conforto, protezione e speranza per la crescita della prole.
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Ripensando alla tua esperienza con don Bosco, quanto i sacerdoti possono essere incisivi nell’azione educativa? In che modo?
Per me don Bosco è stato come un padre, anzi di più! Ricordo il nostro primo incontro, subito mi sorrise, mi accarezzò e guardandomi con occhi affettuosi mi disse che potevamo fare insieme tante cose. Non potrò mai dimenticarlo, anche perché questo è il modo con cui i sacerdoti dovrebbero aiutare soprattutto i giovani: essere loro vicini, sorridere e indicare la via da seguire. Un giorno in cui non avevo capito bene cosa volessi fare nella mia vita, pensavo tristemente che la santità fosse fatta solo di dure penitenze, e don Bosco mi rispose così: «Noi qui facciamo consistere la santità nello stare allegri, e questo è quello che tu devi fare». Un insegnamento che non ho più scordato.
Quali tratti della persona di Gesù ti hanno appassionato?
Gesù è stata una persona straordinaria. Già leggendo il Vangelo mi ero accorto che amava i bambini, che piangeva quando soffrivano o morivano, al punto da resuscitarli. Quindi ho pensato che Gesù fosse l’amico più caro che ci potesse essere nella mia vita. Infatti, quando ho ricevuto la Prima Comunione, mi ero preparato e avevo scritto i miei propositi in un piccolo foglio che all’inizio custodiva solo mia mamma. «I miei amici saranno Gesù e Maria», avevo scritto. Anche stando di fronte al Santissimo Sacramento, sentivo di essere quasi in estasi: ma un’estasi che mi richiamava alla vita concreta, quella di aiutare gli altri.
Il Signore ti ha concesso di essere strumento di speranza per tua madre. Di fronte ad una cultura che non promuove la vita, come riscoprirne la bellezza e la sacralità?
Ci fu un periodo in cui a Torino c’era la peste. Don Bosco ci chiamò e ci disse di andare ad aiutare quei poveri malati. Lì ho visto tante sofferenze, ma soprattutto ho visto anche la dignità, la preziosità e la sacralità della vita. Dunque, un giorno, quando il Signore mi ha fatto comprendere che mia mamma e anche il mio fratellino che portava in grembo erano in grave pericolo, sono subito corso vicino a lei per pregare per la loro salute. Il Signore ci fece la grazia di avere salve due vite! Penso che la bellezza della vita dobbiamo sempre considerarla, nonostante tutto quello che può accaderci o ci può essere attorno a noi.
Alla luce della tua esperienza di ragazzo credente, che cosa consiglieresti oggi ai tuoi coetanei per mantenere un cuore puro e gioioso di fronte alle sfide della crescita?
Tutte le età della vita sono belle, ma forse l’adolescenza è tra quelle più belle, perché si hanno grandi ideali, grandi entusiasmi. Certo però, bisogna saperla affrontare, anche con l’aiuto dei genitori, della famiglia o degli amici: questo perché nel cuore di ogni ragazzo Dio ha messo quel sentimento straordinario che è l’amore, che però come tutte le cose preziose è molto fragile. Quindi bisogna sempre custodirlo e mai fermarlo, aprendo il proprio cuore a un amore universale: così si raggiungerà la purezza di cuore e la purezza di corpo. Una condizione che dà tanta gioia, ma anche tanta forza, sia per la giovinezza che per l’età adulta.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto solitamente in abito borghese o in abito da chierico, con il giglio simbolo di innocenza e purezza, il libro a simboleggiare il suo amore per la conoscenza, il crocifisso per sottolineare la sua dedizione alla vita cristiana e alla sofferenza di Cristo.
Tradizione gastronomica legata al culto
Alcuni hanno definito Domenico Savio “il santo del latte e del miele”. Il latte e il miele, nella tradizione cristiana, sono talvolta simboli di dolcezza spirituale e abbondanza divina. Alimenti che vengono associati alla sua figura come metafora della sua innocenza, della sua purezza e della sua devozione a Dio.
Curiosità
Pare che don Giovanni Bosco stimasse a tal punto Domenico Savio da iniziare ad annotarsi i suoi gesti e le sue parole in un diario, per paura di non ricordarli.
Preghiere a San Domenico Savio
Angelico Domenico Savio
che alla scuola di San Giovanni Bosco
imparasti a percorrere le vie della santità giovanile,
aiutaci ad imitare il tuo amore a Gesù,
la tua devozione a Maria, il tuo zelo per le anime;
e fa’ che proponendo anche noi di voler morire piuttosto che peccare,
otteniamo la nostra eterna salvezza.
Amen.
(di don Fabio Arduino)
Dio, Padre buono e amato,
ti ringraziamo per la Vergine Maria,
Madre di nostro Signore, Gesù Cristo.
Ti ringraziamo di aver concesso a San Domenico Savio
di proteggere noi mamme nei rischi e nelle sofferenze.
Grazie per quelle che tra noi spose
abbiamo ricevuto il dono della maternità.
Noi ti lodiamo e ti ringraziamo:
proteggici con il tuo Spirito,
prenditi cura dei nostri figli
e di tutte le persone che amiamo.
Ti preghiamo anche per noi sposi
che abbiamo il desiderio profondo
della paternità e della maternità.
Rendici forti, sereni e pazienti.
Aiutaci a vivere in continuo abbandono alla tua volontà.
Santifica la nostra attesa,
benedici questa nostra lieta speranza
con l’aiuto e l’intercessione di San Domenico Savio.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.