Una vita in Brasile, tutta da raccontare
Sessant'anni di messa, quarantasei dei quali trascorsi in missione in Brasile, come fidei donum della diocesi di Avezzano. Don Giovanni Cosimati ci racconta un po' della sua vita oltreoceano, ma al suo ritratto contribuiscono anche i ricordi di amici e confratelli. Un uomo felice e davvero tutto di Dio, che anche quando torna a casa, in Abruzzo, porta con sé un entusiasmo contagioso.Timbro di voce possente, cadenza che unisce l’accento abruzzese e quello portoghese. Don Giovanni Cosimati, che nel mese di novembre compirà 88 anni e ha celebrato nel 2022 ben 60 anni di sacerdozio nella sua diocesi di Avezzano, è dal 1977 fidei donum in Brasile.
Dal 1962 al 1977 era stato parroco nella Marsica a Pereto, Villa S. Sebastiano e a Capistrello ma – racconta – “la mia vocazione sacerdotale in quella forma mi stava un po’ stretta”.
“La presenza dei fratelli della chiesa valdese presenti a Villa S. Sebastiano – ricorda don Bruno Innocenzi, di poco più giovane di don Giovanni – lo aiutarono ad allargare gli orizzonti, in linea con la Chiesa universale e a guardare alle terre più lontane”. Così era stato inviato in Brasile, per 8 mesi a Guarulhos e poi destinato a Itaquaquecetuba, cittadina a 35 km da San Paolo, nella diocesi di Mogi Das Cruzes, che all’epoca aveva 50.000 abitanti, una sola parrocchia e 8 comunità. Il suo lavoro missionario si è concentrato nella fondazione di nuove comunità, per un tessuto urbano in espansione, e nella conseguente costruzione di nuove chiese. Nel 1983 ha portato a termine la prima chiesa. Negli anni ha fatto realizzare 18 chiese e tante cappelle, grazie agli aiuti determinanti della conferenza episcopale italiana e di quella tedesca, ma anche grazie a tante persone generose: don Giovanni rammenta, a mo’ di esempio, di avere ricevuto, una volta, 50mila dollari da un amico, che era titolare di un grande supermercato. La sua fatica più impegnativa è stata la parrocchia Santos Apostolos, con una costruzione imponente, capace di accogliere oltre 2000 persone.
“È questa una delle mie maggiori soddisfazioni – ammette don Giovanni -: probabilmente non avrei mai realizzato in Italia quanto ho costruito in terra di missione. Attualmente Itaquaquecetuba conta circa 600mila abitanti, 16 parrocchie e oltre 80 comunità, per una diocesi con 2milioni di abitanti, 10 Comuni, 160 sacerdoti. Ho sempre definito questo luogo una città ricca di miseria, difficile, a ridosso della metropoli San Paulo (13 milioni di abitanti), la cui Regione ingloba 24 milioni di abitanti, mentre l’intero Stato ne conta 60 milioni. In questa periferia del mondo dove si riversa la maggioranza della popolazione brasiliana in cerca di lavoro, la povertà è visibile. La corruzione traspare a tutti i livelli e la politica, anche se non ostacola, non aiuta l’evangelizzazione cristiana e spesso rimane indifferente. I giovani si professano credenti in Dio, ma non si riconoscono in alcuna fede. Il 35 per cento della popolazione appartiene alle chiese evangeliche neo-pentecostali, una galassia di piccole realtà (ci sono 1100 chiese evangeliche solo a Itaquaquecetuba!) che si propongono in alternativa alla Chiesa cattolica. L’intolleranza religiosa e la diffusione delle chiese evangeliche basate sulla cosiddetta teologia della prosperità, per far leva sui poveri, stanno mettendo in minoranza i cattolici, anche per il minor numero di sacerdoti e missionari oggi presenti. Per questo i diaconi permanenti e il laicato assumono un ruolo insostituibile: catechisti, ministri straordinari dell’Eucarestia, responsabili della carità, reclutati fra docenti, operai, impiegati statali.
Oggi don Giovanni è a riposo, si fa per dire. Dal 1988 al 2002 il suo collaboratore è stato mons. Gerasimo Ciaccia, già parroco della Cattedrale dei Marsi e Assistente spirituale AGESCI.
“Ha accompagnato con zelo apostolico e austerità una comunità neocatecumenale che oggi lo ricorda con affetto e nostalgia – precisa don Giovanni -. Tornato in Italia per motivi di salute ci ha lasciato nell’aprile 2009. A questo sacerdote virtuoso è stato intitolato, in Brasile, un auditorium per ragazzi di strada, raccogliendo anche fondi con l’Orchestra giovanile della diocesi di Avezzano nei concerti per la pace”.
Dal 2011 lo affianca don Beniamino Resta, nato a Torre del Greco (NA), classe 1972, specializzatosi in Teologia Biblica alla Gregoriana. Dalla diocesi di Avezzano era partito come cancelliere per visitare la missione con il vescovo Santoro nel 2008, e qui ha maturato la vocazione missionaria: dal 27 gennaio 2013 è stato parroco della nascente parrocchia São Bartolomeu, nella estrema periferia della città, e dal febbraio 2023 parroco di Santos Apóstolos.
Don Giovanni, con i suoi 46 anni di esperienza missionaria in Brasile e con la sua personalità straripante, è una risorsa preziosa anche per don Beniamino.
Ma chiunque racconti di lui si unisce al coro degli elogi. “Di carattere generoso e allegro – riprende don Bruno Innocenzi – don Giovanni non si è mai arreso di fronte alle difficoltà. Ha lavorato nella chiesa brasiliana senza sosta, celebrando e pregando nelle periferie estreme ed evangelizzando i poveri. Ricevuta la cittadinanza onoraria, l’ha esibita con orgoglio tornando nella diocesi dei Marsi. E ogni volta che faceva ritorno in Abruzzo, ha sempre continuato ad animare lo spirito missionario dei fedeli”.
“La mia vita sacerdotale – dice Diogo Shishito dos Santos – è frutto del ministero di don Giovanni. Sono cresciuto con lui come seminarista e per due anni ho lavorato in parrocchia al suo fianco. Ho visto in lui un uomo di preghiera e di saggezza illuminata dalla fede. Per tre anni ho vissuto con lui e da lui ho imparato la capacità di contemplare in silenzio la bellezza del creato, di valorizzare i talenti di cui il Signore ci ha fatto dono affinché ci edifichiamo a vicenda, attraverso il tempo donato”. Questo giovane sacerdote brasiliano sta continuando i suoi studi a Roma ma ha creato un legame proprio con la diocesi di Avezzano, tanto che nei fine settimana collabora con la Parrocchia Madonna del Pozzo, restituendo alla diocesi abruzzese la stessa generosità che ha ricevuto in Brasile”.
“I ricordi che ho di don Giovanni sono tutti legati al Brasile” – aggiunge ancora don Ennio Tarola. “È stato il primo fidei donum di cui io abbia memoria. L’ho conosciuto in un periodo in cui partire per “la fine del mondo” significava non avere più contatti immediati con i propri cari e con i confratelli: una scelta molto coraggiosa. Don Giovanni è partito senza sapere cosa lo aspettasse, carico solo della fede e del desiderio di far conoscere Gesù. Quando sono diventato Direttore della Caritas i rapporti con lui si sono intensificati e ogni estate ho avuto modo di incontrare don Giovanni al suo rientro per la pausa estiva, per ascoltare i suoi aggiornamenti sui progetti sociali condivisi. Resterà indimenticabile la mia visita in Brasile, nella missione di don Giovanni e di don Beniamino Resta, dove ho potuto constatare che esistono tante povertà, di diversa natura, intorno a noi ogni giorno, ma c’è una povertà che le supera tutte: la povertà di chi non ha nulla, neppure la speranza. Don Giovanni non sarà riuscito a sconfiggere quella povertà, ma ha portato sicuramente la speranza del Vangelo nelle comunità che gli sono state affidate. A lui un grazie grande da parte dei sacerdoti e della Chiesa tutta dei Marsi”.
Laura Ciamei infine, responsabile dell’associazione Infanzia missionaria in Brasile che accompagna l’opera di don Giovanni e don Beniamino, ricorda di essere stata ospite nella loro missione. “Difficile comprendere fino in fondo l’opera dei nostri missionari – riflette Laura – in terre martoriate dalla povertà o dalle guerre. Don Giovanni ha seminato tanto bene e ha annunciato il Vangelo laddove la vita umana ha scarso valore, anzi vale meno di un orologio rubato o di qualcosa da mangiare. Don Cosimati è stata una luce che ha squarciato le zone d’ombra che sono tutte le periferie, non solo geografiche, ma soprattutto esistenziali”.
Oggi don Giovanni si è convinto a curare la sua salute, sente la fatica degli anni. Parroco emerito, dedica tutto il suo tempo alla direzione spirituale e alla somministrazione dei sacramenti. Quando è nella sua terra d’Abruzzo abbandona volentieri il riso e fagioli del suo Brasile per le delizie della cucina della sua regione, ma le lodi al Signore le canta in portoghese con una voce potente che spicca tra quelle del coro della sua parrocchia. Il suo ultimo consiglio è per i giovani sacerdoti: “le vocazioni sono scarse – riconosce – anche per il calo delle nascite, ma ai giovani preti consiglio di non temere le terre lontane, di osare lasciando la certezza degli agi e delle comodità perché ogni cristiano è per sua natura missionario”.
(di Sabina Leonetti – Si ringrazia per le foto don Gabriele Guerra, per le testimonianze e le notizie raccolte Mafalda Di Summo e don Beniamino Resta)