Un futuro buono, come la pasta di questi ragazzi
Nel carcere minorile di Casal del Marmo, in sinergia con la CEI e con Caritas italiana, è nata un'attività lavorativa che punta a restituire dignità ai giovani detenuti o sottoposti a misure restrittive. Ce la racconta il cappellano della struttura detentiva, don Nicolò Ceccolini, a pochi mesi dall'inaugurazione avvenuta a novembre del 2023.Fusilli, casarecce, mezze maniche, rigatoni. Gli scaffali del Pastificio Futuro sono pieni di pacchi di pasta, pronti per essere spediti a quanti li hanno ordinati. Ma si può anche acquistare di persona nel punto vendita del laboratorio, in via Giuseppe Barellai 140, all’interno del complesso del carcere minorile di Casal del Marmo di Roma, ma con entrata autonoma. Nel Pastificio lavorano infatti detenuti ed ex detenuti, che provano così, come dice il nome, a costruire il proprio futuro.
Una superficie di circa 500 metri quadri, una pressa e quattro essiccatori, l’idea del laboratorio è nata dopo la prima visita di Papa Francesco alla struttura detentiva, nel 2013, quando scelse di lavare i piedi, nel Giovedì Santo, ai minori reclusi. «Non lasciatevi rubare la speranza», aveva detto loro. Parole che non sono cadute nel vuoto e che hanno portato alla costruzione del Pastificio nei locali di un edificio da anni in disuso. A realizzarlo la Gustolibero Società Cooperativa Sociale Onlus, con il sostegno della Conferenza episcopale italiana e di Caritas Italiana e in sinergia con la Direzione dell’Istituto Penale Minorile Casal del Marmo, il Centro della Giustizia Minorile Lazio-Abruzzo-Molise, il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, le diocesi di Roma e di Porto – Santa Rufina.
Inaugurato il 10 novembre 2023, nel Pastificio «al momento ci sono una ragazza in articolo 21, quindi che entra ed esce dal carcere, e tre ragazzi in misura penale ma all’esterno del carcere», spiega don Nicolò Ceccolini, cappellano di Casal del Marmo. «Ancora viviamo sull’onda dell’inaugurazione – prosegue –; durante il periodo di Natale abbiamo ricevuto tantissimi ordini, sia da aziende per i regali di Natale ai propri dipendenti, come Caritas italiana o la diocesi di Roma, sia di privati. Si sono affacciati anche singoli, famiglie, associazioni. Abbiamo avuto così tanti ordini che non si riusciva a star dietro a tutti, i ragazzi hanno dovuto fare anche dei turni più lunghi». Se lavorasse a pieno regime «il laboratorio potrebbe produrre 2 tonnellate di pasta al giorno, circa 4.000 pacchetti da 500 grammi ogni giorno», sottolinea Alberto Mochi Onori, responsabile di Gustolibero Società Cooperativa Sociale Onlus.
All’inaugurazione era presente anche monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Cei: «Crediamo nell’uomo – aveva detto –. L’uomo può cambiare: ci vuole cura, ci vuole l’educazione che, come ricorda il Papa, è la forza più radicale per la trasformazione del mondo. E
tanto più il mondo è infiammato tanto più abbiamo bisogno di offrire esempi di educazione
perché il diamante che è nel cuore di ciascuno possa risplendere».
Lo sanno bene don Nicolò, che spende quasi ogni giorno accanto ai ragazzi di Casal del Marmo; suor Aurora, salesiana, che presta servizio al Pastificio Futuro; i volontari che danno una mano. «Un ragazzo che arriva in carcere – riflette il cappellano – è come una nave alla deriva, che avanza senza più timoniere, senza più controllo, sballottata di qua e di là dalle onde fino a impattarsi contro la parete rocciosa della scogliera che la distrugge in mille pezzi. E gli operatori del carcere devono rimettere a posto i diversi pezzi. È un lento e paziente lavoro di ri-assemblaggio». Il carcere «è sempre un luogo di sofferenza, di privazione e di solitudine, che rischia di cambiarti in peggio – prosegue –. Sappiamo tutti fin troppo bene quanto sia alto il rischio che gli effetti negativi della detenzione siano maggiori rispetto a quelli positivi. Ma l’impatto con il carcere può anche avere effetti positivi. Il Pastificio Futuro nasce da qui, dal desiderio che abbiamo nel cuore del bene vero e autentico per i nostri ragazzi. Vuole essere un segno concreto di fiducia e di speranza».
Ai ragazzi, conclude, «non basta trovargli un posto dove stare, non basta trovargli un lavoro ma li devi seguire, accompagnare da vicino, perché loro muoiono di solitudine. Ci vogliono delle relazioni altrimenti non se ne viene fuori e questa è la sfida più alta e più difficile. Sono molto fragili. Il nostro è un impegno significativo ed è anche molto bello».
(di Giulia Rocchi – foto di Cristian Gennari)