Un dono che si scopre, che puoi conservare o perdere
Donare per i sacerdoti: un gesto che Attilio Marazzi ha imparato dal suo papà e che poi gli è rimasto per il resto della vita, insieme alla gioia che nasce dal mettersi a servizio della comunità. Della sua diocesi di Crema, prima, e poi di tutta la regione Lombardia.Cinquantaquattro anni, di Crema, una laurea in economia, Attilio Marazzi è un donatore della primissima ora. Un gesto – quello del fare una donazione per i sacerdoti – che da giovane studente universitario cominciò a fare insieme ai suoi genitori, trent’anni fa, come segno di gratitudine verso chi metteva tutta la propria vita a servizio della comunità. Da allora non ha più smesso, anzi ha messo anche le proprie competenze professionali a servizio della sua diocesi e oggi anche di tutte quelle della Lombardia.
Alla base, però, rimane quel sentimento profondo che lo ha legato, e lo lega, ad alcune particolari figure sacerdotali. “Quattro, soprattutto, direi. Tre di loro non ci sono più, alcuni portati via dal Covid proprio in questi ultimi mesi. Sono persone che in modo speciale mi hanno sostenuto nel mio cammino di fede. Uomini tutti di Dio e della loro gente”. Ovviamente non sono i soli. “Di coccole dalla Provvidenza se ne ricevono tante – prosegue –. Stamattina stessa, per esempio, ho ricevuto un messaggio, da un amico sacerdote, che mi ha riempito il cuore di gioia”.
Ma quale molla scatta nel cuore di una persona per portarla a donare?
“Non c’è una molla che scatta – risponde Attilio –, succede come per la fede. Si tratta di un dono che si scopre, e che si può accogliere e conservare oppure perdere. Certamente è fondamentale l’esempio che riceviamo dai sacerdoti che incontriamo. Quando quell’esempio non è buono, e per fortuna accade molto raramente, la molla si inceppa da sola e la spinta a donare si spegne. Io però sono stato fortunato: ne ho visti e ne vedo tanti che si spendono con assoluta dedizione e questo mi dà la forza per tenere questa fiamma che ho nel cuore sempre accesa”.