22 Marzo 2024

Sul tetto del Duomo, per riscoprire la meraviglia a Milano

Una proposta suggestiva, che ha chiuso l'intenso programma della prima edizione di "Soul", il festival della spiritualità organizzato a Milano dall'arcidiocesi e dall'Università Cattolica. Don Paolo Alliata ci spiega il senso di questo invito: salire all'alba in cima al Duomo di Milano per ascoltare musica e la declamazione di brani di letteratura.

Don Paolo Alliata è il vicario parrocchiale di Santa Maria Incoronata in corso Garibaldi, nel centro di Milano, ma è anche responsabile dell’Apostolato biblico dell’arcidiocesi e rettore del Liceo Montini. Un giovedì al mese nella sua parrocchia racconta, commenta e spiega i grandi testi della letteratura – o semplicemente i best seller più amati – nel corso di incontri seguitissimi. Ma non è per questo che lo abbiamo cercato. Gli abbiamo chiesto, infatti, di raccontarci cosa ci sia dietro l’esperienza che ha chiuso il fitto calendario di “Soul”, la prima edizione del festival della spiritualità organizzato dal 13 al 17 marzo scorsi dall’Arcidiocesi di Milano e dall’Università Cattolica.
Qui sotto trovate il video (e vi invitiamo a gustarvelo!) di quanto è accaduto all’alba di domenica 17… 

L’intervista

Salire all’alba sul tetto del duomo di Milano per ascoltare musica e pagine di letteratura: un’esperienza decisamente fuori dal comune, e i posti disponibili sono andati a ruba in pochissimo tempo. Come se lo spiega, don Paolo?

Nel libro di Giona, ad un certo punto si racconta che il profeta, ancora chiuso nel ventre del pesce, cerca nella preghiera una boccata d’ossigeno, quasi “uno spazio di respiro”. Tante persone hanno cercato, sulla terrazza del Duomo, “uno spazio di respiro”. I più fortunati hanno trovato posto, altri si sono dovuti accontentare del video sul web ma il desiderio era lo stesso. Nella nostra vita così frenetica, convulsa, frettolosa, sentiamo il bisogno di una boccata d’ossigeno e uno dei significati fondamentali della preghiera per noi cristiani è proprio questo.

Quella mattina, sulla terrazza del Duomo, abbiamo voluto proporre un momento di meditazione non necessariamente “religioso”, aperto dunque a tutti: romanzi, poesie, musica non sacra. Fermarsi per alzare lo sguardo dalla cima di Milano sulla città che si sveglia, l’alba, sono un momento di respiro, di bellezza.

È anche così che la comunità cristiana può aiutare la società del nostro tempo a riscoprire la meraviglia, lo stupore, il gusto per il bello?

Questo è certamente un modo, perché ci riporta alla nostra vocazione fondamentale: l’essere umano, dice Genesi 1, diventa veramente se stesso, a immagine del Creatore, ogni volta che, come il Creatore, si ferma, si guarda intorno e si lascia raggiungere dalla meraviglia. “E vide che era cosa molto buona” si può tradurre, in un linguaggio a noi più famigliare: “Ma che bello! Che meraviglia!”.  

Ecco, ogni volta che nella vita facciamo un’esperienza che ci trascina ad esclamare “Che meraviglia!”, sospendendo il respiro, quello è un momento teologico: è partecipare allo Spirito di Dio, al modo che Dio ha di stare al mondo… Così le comunità cristiane possono aiutare i “Giona” del nostro tempo a respirare a pieni polmoni, invitandoli a fermarsi e a respirare ampiamente.

Questo può voler dire “incarnare” l’annuncio evangelico nel nostro tempo?

Penso proprio che sia così. Nella tradizione biblica vivere l’incarnazione vuol dire fare i conti con quel che c’è. La realtà è bella, buona, drammatica forse, ma buona, e merita di essere vissuta. La dimensione religiosa vuole accompagnarci a comprendere come siamo ricchi.

Quel che Gesù dice ai suoi discepoli quando ricorda loro che molti re e profeti avevano desiderato inutilmente di vedere e udire quel che essi vedevano e udivano, cioè la presenza del Messia accanto a loro, in fondo vale per tutti i viventi. A tutti Gesù sta dicendo che la nostra vita, il nostro respiro, il nostro corpo… sono la benedizione di Dio all’opera, la ricchezza che ci è consegnata. Tutto ciò che ci aiuta a comprendere quanto siamo ricchi, per il solo fatto di essere vivi, è al tempo stesso un aiuto a comprendere la dimensione religiosa dell’esistenza.

Poi sarà più facile dare un nome a questa Presenza, riconoscere e chiamare per nome il Dio di Gesù, ma il punto di partenza è sempre quello di fermarsi per respirare, dentro una vita affannata e sempre un po’ a rischio di schizofrenia.

22 Marzo 2024
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