29 Febbraio 2024

Senigallia, dove le storie dei ragazzi “fanno casa”

Il 'Punto Giovane' di Senigallia è una casa dove i ragazzi possono sperimentare la convivenza, la condivisione e la fraternità. Chi è nella fascia di età tra i 18 e i 33 anni può, infatti, trascorre un mese nella struttura, dove si ritroverà insieme ad altri coetanei e un sacerdote. Don Paolo Vagni, responsabile diocesano per la pastorale giovanile e le vocazioni, ce lo ha raccontato.

Tre stanze con i letti a castello, la cucina, la sala da pranzo con il tavolo grande. Potrebbe sembrare un appartamento come tanti, quello all’angolo di piazza Garibaldi, a Senigallia (AN), a pochi passi dal duomo. È invece il Punto Giovane della diocesi, cioè una casa dove far sperimentare ai ragazzi la convivenza, la condivisione e la fraternità. Chi è nella fascia di età tra i 18 e i 33 anni circa può infatti trascorre un mese nella struttura, dove si ritroverà insieme ad altri coetanei e un sacerdote.
Le giornate, al Punto Giovane, iniziano con la preghiera delle lodi recitate in comune, ma poi continuano per ciascuno in modo diverso, chi al lavoro, chi all’università. La cena si consuma in comunione e spesso ci sono anche degli ospiti. Per il fine settimana si torna a casa propria, da genitori, amici e parenti. «Perché l’idea è che questa non sia una parentesi ma vita reale, quindi tu torni al tuo gruppo di amici, alla tua esperienza in parrocchia, ecc. È la tua vita normale, non una bolla che si crea e che poi esplode».
A spiegarlo è don Paolo Vagni, responsabile dell’Ufficio di pastorale giovanile della diocesi di Senigallia nonché del Centro diocesano Vocazioni e incaricato regionale delle Marche per la pastorale giovanile. «Ormai da una ventina d’anni stiamo creando un nuovo stile di pastorale giovanile, fatto non tanto e non solo di attività, quando piuttosto di cammini – prosegue –. Molto spesso, in passato, si tendeva a proporre al giovane qualcosa di diverso dalla sua vita, mentre noi pensiamo che la tua vita sia da innervare con

esperienze che ti facciano scoprire che lì c’è Dio, nell’amicizia, nello studio, nel lavoro».

Di qui l’idea di queste convivenze al Punto Giovane, dove ciascuno continua a portare avanti i propri impegni e interessi, a frequentare gli amici di sempre. «È una esperienza di vita comune a cui io stesso ho partecipato quando avevo 23 anni – racconta il sacerdote –. Dura un mese e coinvolge ogni volta dieci giovani con un prete, in questo appartamento messo a disposizione dalla diocesi nel centro di Senigallia. Ognuno in questo periodo fa la sua vita normale e ma vive lì. Non viene chiesto nient’altro che vivere insieme, attorno alla Parola e all’Eucarestia». Alcuni appuntamenti scandiscono i giorni, come «la recita delle lodi al mattino – continua –, la scelta di una lettura; la Messa celebrata con la comunità ma anche aperta agli ospiti. Dopo aver cenato c’è la compieta con una condivisione a partire dalla lettura scelta la mattina».
La proposta è attiva da vent’anni e riscuote molto successo, anche tra chi è «fuori dal giro delle parrocchie». Tanto che, nel tempo, si è deciso di estenderla, in una forma leggermente rivista, ai ragazzi che frequentano le scuole superiori. «In sinergia con i professori di religione – spiega don Paolo – prendiamo un’intera classe di studenti del quarto superiore e facciamo fare loro una esperienza di vita comune di una settimana, facendoli alloggiare nell’ex seminario, qui a Senigallia. Quindi, anche in questo caso, i ragazzi proseguono con la loro vita normale, vanno a scuola, fanno i compiti, ma in questa settimana svolgono anche diversi servizi in comune; la cena viene consumata tutti insieme e dopo aver mangiato c’è un momento di preghiera e condivisione». Possono partecipare tutti, anche i non credenti, perché «l’obiettivo è puntare sulle relazioni e riflettere su di sé».
Durante questa settimana di convivenza, i ragazzi frequentano anche la struttura di piazza Garibaldi, che al piano terra ospita la Casa della Gioventù, una sorta di oratorio, sale per studiare e la sede di Azione cattolica. Ci va spesso anche Enrico Marchegiani, ricercatore trentaduenne, che ha vissuto l’esperienza del Punto Giovane ben sette volte nel corso degli anni, arrivando a stabilire una sorta di record. «Sono innamorato di questa proposta – dichiara –, grazie alla quale ho sperimentato il significato profondo di parole come casa, fraternità, amicizia. Quello che mi piace è che le relazioni che si vivono lì dentro hanno il doppio del gusto: quello della fraternità, la consapevolezza di sapere che c’è qualcuno che cammina al tuo fianco, con te, va nella tua stessa direzione. Si vive l’amicizia in maniera più profonda, fatta di condivisione, di supporto, di confidenza. Tutto questo rende quattro mura una vera casa.

Sono le storie in cui sei immerso a fare casa».

(di Giulia Rocchi – foto gentilmente concesse da don Paolo Vagni)

29 Febbraio 2024
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