Ricky Memphis: “La fede, un’ancora contro la paura”
Dai ricordi dell’infanzia fino alle scelte della maturità, passando attraverso l’allontanamento di una crisi adolescenziale. Uno dei caratteristi più amati dal pubblico televisivo e cinematografico italiano, all’anagrafe Riccardo Fortunati, ci apre il cuore e ci racconta il suo rapporto con la fede e quel che oggi sogna per i suoi due figli.A 55 anni, è uno dei volti televisivi e cinematografici più amati dal pubblico italiano, per la sua innata simpatia, per quel mix affascinante di spontaneità, timidezza e talvolta un pizzico di goffaggine. Quanto del vero Riccardo Fortunati c’è nei personaggi interpretati sul set da Ricky Memphis?
Posso dire che c’è, allo stesso tempo, poco e molto. Sono io che li interpreto, e quindi ogni cosa parte da me, ma sono anche personaggi scritti da qualcun altro; quindi, spesso mi trovo a dover interpretare aspetti del carattere umano che non mi si addicono. Per esempio, non sono certo razzista come Pino, l’infermiere di “Tutto chiede salvezza” che ho recentemente interpretato, anche se magari con la mia personalità ho contribuito a tratteggiare qualche altro aspetto di quel carattere. Sinceramente non saprei dire dove è il confine tra quello che devo interpretare e quel che aggiungo di mio…
Origini popolari, nel quartiere romano di Monte Mario, una famiglia numerosa, unita e affettuosa. Cosa porti oggi con te dell’educazione che hai ricevuto?
Innanzitutto, l’amore per la famiglia, il rispetto per chi ti è vicino e la consapevolezza che il primo vero prossimo sono proprio le persone della tua famiglia. A casa mi hanno insegnato il rispetto, l’amore e direi proprio l’importanza che questa realtà fondamentale, la famiglia, ha nella vita di ciascuno di noi.
Sei stato educato alla fede, da bambino, ma poi c’è stato un periodo della vita, tu stesso lo hai raccontato, in cui il contesto in cui ti trovavi ti aveva allontanato dalla vita cristiana. Quando si è riaccesa questa fiamma?
In realtà la fiamma della fede non si è mai spenta. Ho sempre sentito una grande attrazione verso il cristianesimo e verso la figura di Gesù. Però quando sono entrato in quell’età della vita in cui ti sembra di essere costretto ad omologarti al gruppo, al “branco”, ho cercato di allontanarmene. Non l’avevo persa, davvero; ero io che cercavo di sfuggire a questa attrazione, perché nell’ambiente dove sono cresciuto l’essere cristiani, cattolici, era visto in modo negativo. Quell’attrazione, però, ho continuato a sentirla e quando ho finalmente iniziato a pensare davvero con la mia testa, quando sono cresciuto e maturato, ho capito che quella fede mi apparteneva e l’ho abbracciata con orgoglio. Se prima un po’ me ne ero vergognato, a un certo punto ho cominciato ad esserne fiero e ormai è molto che la vivo così.
Ci sono delle figure di sacerdote a cui sei stato (o sei ancora) particolarmente affezionato o verso le quali nutri una speciale gratitudine?
Sì, c’è sicuramente don Paolo, che era parroco alla Balduina, qui a Roma, quando io ero più giovane (don Paolo Tammi, che oggi è preside dell’Istituto Pontificio S. Apollinare è stato per 25 anni nella parrocchia di San Pio X, n.d.r.). È stato mio direttore spirituale e mio confessore, ma anche mio amico ed è una persona alla quale sono molto legato.
Nella tua vita attuale, cosa rappresenta per te la fede?
La fede rappresenta la mia forza, l’unica ancora contro la paura, la depressione e lo sconforto. È la salvezza della mia vita, nel senso che non potrei pensare di non avere fede. Prego Dio tutti i giorni che me la accresca, e anche di molto… So di non essere un grande fedele, ma in Gesù, in Dio e nella Chiesa io ci credo e questo mi dà una grande forza, anche nei momenti meno belli.
Sei papà di due figli, Francesco e Maria, che hanno 18 e 11 anni: quali sono i valori che più vorresti trasmettere loro, per vederli felici e realizzati?
Vorrei poter trasmetter loro tutti i valori cristiani: vorrei che recepissero tutto quello che Gesù ci insegna nel Vangelo, sia leggendolo sia guardando me e prendendo esempio da me. Spesso non ci riesco, ma mi piacerebbe molto e prego anche per questo: che Francesco e Maria siano dei cristiani veri!
In conclusione, una piccola anticipazione sul lavoro che stai facendo in questi giorni, visto che ti abbiamo sottratto, per qualche minuto, proprio ad un set…
Sto finendo di girare un film iniziato tempo fa, ma di cui avevamo dovuto interrompere le riprese per problemi economici. Adesso, finalmente, riusciamo a portarlo a termine. Si intitola “Il grande Boccia” ed è una storia vera, quella di Tanio Boccia, un regista degli anni ’60, interpretato da me, che nonostante l’estrema penuria di mezzi riusciva lo stesso a fare cinema, animato da una straordinaria passione.
(intervista di Stefano Proietti)
IL RICORDO DI DON PAOLO
Il mio rapporto con Ricky è iniziato in confessionale, una domenica mattina di almeno quindici anni fa. Inizialmente non lo avevo neppure riconosciuto ma lui stesso, con molta semplicità, si è presentato. Da allora siamo diventati amici, con un rapporto che va oltre quello tra fedele e confessore-padre spirituale. Riccardo mi ha sempre “ricoperto” della sua simpatia. È stato disponibile a darmi una mano anche ora che non sono più in parrocchia e sono preside di una scuola: è venuto ad animare un nostro open day, uno dei primi. Per non parlare dell’aiuto che ci ha dato per la missione nello Zambia della nostra parrocchia. Nonostante i tanti impegni suoi e miei, la nostra amicizia continua con un rapporto di grande stima reciproca. Di lui mi colpisce che, pur facendo parte di un mondo non sempre semplice da attraversare rimanendo coerenti con i propri principi e semplici di cuore… Ricky ci è riuscito. È un amico sincero, per me, e ringrazio Dio di averlo messo sul mio cammino.
Don Paolo Tammi