25 Marzo 2025

Nell’Albania che non immagini, vite che ‘sanno’ di Vangelo

Korça, nel sud est dell’Albania, è in una conca in mezzo alla catena della Morava. In questa cittadina vicina al confine con Grecia e Macedonia, c’è un pezzo della diocesi di Agrigento grazie alla presenza di due fidei donum, don Ignazio Bonsignore e don Angelo Porrello, impegnati in questa zona prevalentemente musulmana, ma con una presenza ortodossa legata alla tradizione.

Aspre montagne battute dal vento, coperte di vegetazione bassa, di arbusti avari di fiori e di verde. Poche le vie di comunicazione e le strade asfaltate per arrivare a Korça, nel sud est dell’Albania, in una conca in mezzo alla catena della Morava. In questa cittadina vicina al confine con Grecia e Macedonia, c’è un pezzo della diocesi di Agrigento grazie alla presenza di due fidei donum, don Ignazio Bonsignore e don Angelo Porrello, impegnati in questa zona prevalentemente musulmana, ma con una presenza ortodossa legata alla tradizione.
«Dopo 20 anni senza la presenza stabile di un sacerdote nella grande regione, il vescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano, ha inviato una prima equipe missionaria nel 2021. Io sono arrivato nell’ottobre 2022 e sono stato subito accolto con affetto dalle comunità di Korça e Bilisht» racconta don Ignazio. Un anno fa si è aggiunto don Angelo e ora si dividono tra gli impegni presso la parrocchia dell’Assunzione di Maria in Cielo e la cura delle due comunità che distano 30 chilometri l’una dall’altra e sono «le uniche realtà cattoliche presenti nella nostra zona. Per trovare la comunità più vicina bisogna raggiungere Elbasan a circa due ore e mezza di macchina. Praticamnte un viaggio, dato che oltre la strada principale che porta fino a Tirana, ci sono solo stade dissestate, non asfaltate. Per arrivare in molti dei 250 villaggi della zona ci vuole una jeep».

Il “miracolo” albanese

Il lavoro non manca di certo ed è inversamente proporzionale all’esiguo numero di cattolici – circa 200 su 3000 in tutto il Sud del Paese delle Aquile – sparsi in un territorio di 2.600 chilometri quadrati intorno a Korça, 28mila abitanti, cittadina di antica tradizione ortodossa con viali alberati e il Pazari i Vjetër, il mercato di epoca ottomana grande quanto un quartiere. Il passaggio dalla città alle zone rurali è un salto di epoche e, dagli edifici eleganti del centro, ci si ritrova in un campo arato dall’asinello. È il paradosso del “miracolo” albanese, un Paese cresciuto in fretta, con la capitale Tirana moderna e occidentale, dove vive oltre un milione e 200mila abitanti, quasi la metà dei due milioni e 760mila albanesi che, soprattutto nelle campagne isolate, sono rimasti ai tempi del regime comunista di Enver Hoxha.

«Qui c’è un’economia agricola, un po’ come nell’Italia meridionale prima del boom economico – spiega don Ignazio -. A differenza di quegli anni però, qui tutti hanno i telefonini, internet, piccola tecnologia che convive con l’economia familiare dei villaggi, in cui la gente cerca di produrre quello che gli serve per vivere. In queste montagne, col clima rigido d’inverno, non ci sono grandi colture, né raccolti abbondanti. Ma non ci sono nemmeno fabbriche, commerci, per questo nei villaggi restano solo gli anziani».

La chiesa dell’Assunzione di Maria in Cielo è l’unica parrocchia nel raggio di tutta la regione, e l’impegno missionario richiede la collaborazione di tutte le realtà religiose locali, dalle Sorelle Francescane del Vangelo alle suore del Buon Pastore. L’azione missionaria nella zona pastorale è suddivisa in quattro ambiti: il primo riguarda la catechesi, la formazione, le visite alle famiglie e le attività di annuncio in città e nei villaggi dove, dopo anni di ateismo di Stato, in molti non hanno mai sentito parlare di Gesù; il secondo ambito coinvolge i bambini e i disabili attraverso attività oratoriali; il terzo è quello dell’azione missionaria con i giovani; il quarto, infine, è l’impegno sul fronte delle povertà. Molte le storie che i fidei donum agrigentini incontrano ogni giorno nella testimonianza del Vangelo. Storie di emarginazione, di conversione, di amore per la fede «come quella di Maria – racconta don Angelo -, una anziana del villaggio di Voskopojë che è cattolica, ha figli grandi e sei nipoti. Maria ricorda le persecuzioni subite durante il regime e prima di morire vuole vedere i suoi nipoti battezzati».

I giovani partono

Una delle piaghe della regione è l’emigrazione dei giovani, non più verso l’Italia ma soprattutto verso la Germania, gli Stati Uniti, l’Australia. «Nei villaggi vedi sempre meno giovani perché non c’è lavoro – spiega don Ignazio -. Non vogliono lavorare la terra con sistemi arcaici e faticosi, anche perché ci sono modelli di vita da ricchi (malgrado alle spalle ci siano realtà molto dubbie). I soldi arrivano dalle rimesse degli emigrati o dai traffici che prosperano in questa zona, a 30 chilometri dal confine con l’Unione europea. Siamo in uno snodo di narcotraffico, te ne accorgi dai macchinoni che si vedono in città con dentro ragazzi in orari in cui dovrebbero essere impegnati a lavorare. Considerati gli stipendi medi anche di un medico, o di un insegnante, capisci che i conti non tornano». Nell’Albania di oggi quello che manca, conclude don Ignazio «è un sistema educativo in grado di superare la corruzione e le varie forme di povertà che spesso sono sociali prima che economiche. Come Chiesa, in questi primi anni di presenza non abbiamo sviluppato strutture di sostegno o di aiuto. Per noi missione significa renderci prossimi con le singole persone, fare chilometri per andare a incontrare una famiglia. Spesso anche nei villaggi, oltre alle attività che facciamo con i bambini, la forza della nostra presenza è nell’incontro personale, nella condivisione, nel dialogo attraverso l’attenzione alla persona. La relazione umana diventa amicizia, poi testimonianza e trasmissione della fede. In un percorso di fede che al di là di ogni retorica, è vita».

(di Miela Fagiolo D’Attilia – foto gentilmente concesse da don Ignazio Bonsignore e don Angelo Porrello)

25 Marzo 2025
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