Dossier. Il rosario: preghiera di una Chiesa in uscita
“Il rosario ha aiutato la Chiesa a comprendersi non come una potenza, ma come argilla che ha bisogno di essere modellata sulle dimensioni più profonde e più vere della persona umana”. Padre Gian Matteo Roggio, docente alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma, ci guida in un affascinante viaggio alla riscoperta di questa preghiera e alle radici della vera devozione mariana.Il rosario è certamente la preghiera mariana più diffusa nella Chiesa cattolica. Generazioni e generazioni se lo sono reciprocamente consegnato nella convinzione che fosse un’esperienza forte e importante al servizio della fede cristiana. Soprattutto nell’Ottocento e nel Novecento, il rosario è stato un piccolo laboratorio di quella che Papa Francesco oggi chiama “chiesa in uscita” e “chiesa sinodale”. Infatti, attraverso questa preghiera la Chiesa si è sentita spinta ad “uscire” verso tutte quelle realtà che, in un modo o nell’altro, avevano bisogno del “vino nuovo” del Vangelo come principio di un nuovo sviluppo e di un differente progresso rispetto a quelli proposti sulla scena pubblica e civile. Nello stesso tempo, il rosario, nato nel Medioevo all’interno dei monasteri come “preghiera dei poveri” e poi diffusosi così nelle città e nelle campagne, ha aiutato a comprendere che la comunità ecclesiale (e la stessa vita cristiana) è il luogo dove tutti hanno diritto di cittadinanza: non solo i chierici, i consacrati, i sapienti, i “fortunati della vita”, ma anche coloro che si spezzano la schiena lavorando, coloro che hanno fame, gli ignoranti, i “disperati” della vita.
In altre parole, il rosario ha aiutato la Chiesa a maturare la certezza evangelica che essa non esiste per se stessa e per essere servita: la Chiesa esiste per gli altri e per servire tutti, quali che siano le loro lingue, il colore della pelle, l’appartenenza etnica. Al centro della Chiesa, certamente, c’è Cristo, suo fondatore e suo sposo. Ma il Cristo che è al centro della Chiesa non è mai solo. È sempre in compagnia: con lui ci sono quelli che lo hanno accolto; con lui ci sono quelli che egli vuole raggiungere; ci sono anche quelli che lo hanno rifiutato, perché lui non li dimentica. Al centro della Chiesa, dunque, ci sono coloro cui essa è inviata dal Risorto: è sulle loro gioie e sulle loro speranze, così come sulle loro tristezze e angosce, che la vita della Chiesa (insieme al grande patrimonio delle sue strutture) deve modularsi.
Il rosario ha aiutato la Chiesa a comprendersi non come una potenza imperiale (rischio sempre possibile), ma come argilla che ha bisogno di essere modellata
non sui gusti che oggi ci sono e domani non ci sono più, né tantomeno sui propri gusti, ma sulle dimensioni più profonde e più vere della persona umana, della sua crescita e del suo sviluppo. Una potenza imperiale cerca di essere sempre uguale a se stessa, alla sua forza, ai suoi privilegi. L’argilla è sempre alla ricerca di una forma che sia in grado di comunicare bellezza e di attrarre alla bellezza. Le potenze imperiali debbono rimanere immobili; l’argilla ha bisogno di cambiare, la mobilità è la sua caratteristica. Le potenze imperiali contano sulla forza; l’argilla conta sulla mitezza. Se il rosario ha il merito di introdurre non solo nella “chiesa in uscita” e nella “chiesa sinodale”, facendone fare concreta esperienza – merito però non acquisito una volta per tutte, come la storia ci mostra in modo anche impietoso –, questo lo si deve alla persona cui si ispira: Maria, la Madre Vergine di Gesù. Il rosario, infatti, è una preghiera che ripercorre l’esperienza umana e spirituale di questa donna, inseparabile dalla storia di Cristo e dalla storia della comunità che crede in lui, la Chiesa. Spesso si pensa che il rosario sia una preghiera “sbagliata”, perché avrebbe la grave responsabilità di aver reso Maria una dea dotata di poteri straordinari, molto simili a quelli che si attribuiscono alla divinità quando è invocata al fine di “tappare i buchi” delle sciocchezze e delle nefandezze umane. Non abbiamo (per fortuna) il potere di giudicare le coscienze: non si può escludere che il rosario e Maria siano stati così intesi da qualcuno (pochi o molti che siano, non fa differenza). Ma possiamo mettere “sotto esame” l’intenzione della Chiesa cattolica, soprattutto quella che si è fatta evidente nell’insegnamento dei Papi dell’Ottocento e del Novecento, traendone le debite conclusioni:
mai la Chiesa cattolica ha voluto trasformare Maria in una dea e farne la “tappabuchi” della storia.
Sempre la Chiesa cattolica ha tramandato alle generazioni l’esperienza umana e spirituale della donna Maria, perché l’ha ritenuta un vangelo vivente, un modello concreto (e non astratto) di che cosa voglia dire diventare Chiesa: «la Vergine Maria – ha insegnato san Paolo VI nel n. 35 dell’esortazione apostolica Marialis cultus – è stata sempre proposta dalla Chiesa alla imitazione dei fedeli non precisamente per il tipo di vita che condusse e, tanto meno, per l’ambiente socioculturale in cui essa si svolse, oggi quasi dappertutto superato; ma perché, nella sua condizione concreta di vita, ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio (cfr. Lc 1,38); perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente». Il rosario non è il manifesto della divinità di Maria: è piuttosto il manifesto della sua umanità credente; è il manifesto del cammino che si percorre credendo: un cammino raccontato dai cicli dei misteri (gaudiosi, luminosi, dolorosi, gloriosi) ad immagine del Salterio biblico che racconta il cammino della preghiera. Quando si crede, non ci si chiude nella propria individualità ma si esce per seguire le molteplici strade che Gesù apre nella vita dell’umanità: «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15); quando si crede e si è usciti dietro al Cristo, si scopre che siamo parte della sua famiglia: «“Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?”. E, volgendo lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, [Gesù] disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli!”» (Mc 3,33-34). Quando si crede, si è usciti dietro al Cristo, ci si è scoperti parte della sua famiglia, ci si lascia formare dalla sua esperienza paradossale: «il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45). Quando si crede, si è usciti dietro al Cristo, ci si è scoperti parte della sua famiglia, ci si è lasciati formare dalla sua esperienza paradossale, allora si può stare con lui: «Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà […]. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”» (Gv 12,26 e 19,25-26). Infine, bisogna riconoscere che il rosario non ripercorre l’esperienza umana e spirituale di un’anima priva di connotazioni maschili o femminili: è una preghiera che ripercorre l’esperienza umana e spirituale della donna Maria. Per questo,
esso invita tutti coloro che lo pregano ad avere un “occhio di donna”.
Che vuol dire? Giocare ad avere più identità virtuali, come si fa abitualmente nella rete internet e nei “nuovi media”? Niente di tutto questo. Avere un “occhio di donna” significa ricordarci reciprocamente che Dio, Cristo, la Chiesa, non sono proprietà dei maschi. Ci possono e ci devono essere funzioni e ministeri differenti, ma queste non debbono mai portare a concludere che Dio, Cristo, la Chiesa, siano possesso esclusivo di chi è stato chiamato a certi compiti perché maschio. Lo sguardo su Dio, su Cristo, sulla Chiesa, è sempre lo sguardo comune di uomini e donne: è la prima ed originaria forma di “chiesa sinodale” e di “chiesa in uscita”, la prima forma di pace e di benedizione al mondo. Solo una comunità può testimoniare in modo credibile il regno di Dio: una comunità di poveri, dove non si reclamano diritti di proprietà e dove si intercede per tutti, i vivi come i defunti, con il «cuore aperto» che prepara le strade del ritorno del Cristo Risorto anche grazie al rosario e a colei cui si ispira, Maria.
(di Gian Matteo Roggio – Missionario di Nostra Signora di «La Salette»)