28 Ottobre 2021

Don Massimo Cabua e i colori di una comunità con le porte aperte

Quella di San Gavino Monreale (SU), 8.000 anime nel cuore della pianura del Campidano, è una comunità in cui lo spirito di condivisione è essenziale per la realizzazione dei progetti, che si tratti di colorare la città o di assistere le famiglie in difficoltà. Don Massimo Cabua è l'anima di tante di queste iniziative.

A San Gavino Monreale (SU), 8.000 anime nel cuore della pianura del Campidano, nel Sud della Sardegna (diocesi di Ales-Terralba), don Massimo Cabua è viceparroco delle tre parrocchie (Santa Chiara, Santa Teresa e Santa Lucia) che compongono l’Unità Pastorale.
“È una realtà differente rispetto alla classica parrocchia – spiega don Massimo – in quanto le attività sono suddivise in modo trasversale con l’affidamento di incarichi specifici a noi sacerdoti. Lo spirito di condivisione è essenziale per la realizzazione dei progetti”.
Prete da 12 anni don Cabua ha alle spalle un percorso vocazionale articolato. Classe 1973, è entrato prima in seminario, a 19 anni, dove ha studiato per 4 anni, quindi ha vissuto un anno in una comunità religiosa. Poi ha lasciato ed ha vissuto una vita normale con una dimensione laica. Seguendo la sua grande passione per i fumetti, con una formazione professionale da disegnatore, ha aperto una “fumetteria” ad Oristano, diventata in breve un punto di riferimento per gli appassionati.
Ma a 34 anni don Massimo capì che quella chiamata, che lo aveva condotto in seminario a 19 anni anni, non poteva più essere messa da parte.
“Ero inquieto, mi interrogavo sul senso della vita e, soprattutto, non ero felice – prosegue –. Chiesi, quindi, un incontro con il Vescovo, che mi disse ‘finalmente sei arrivato’. Da lì ho ripreso in mano il mio percorso con 2 anni di accompagnamento alla vocazione, tra il 2007 e il 2009, con un’attenzione particolare alla pastorale giovanile”.
Ordinato sacerdote, a Villacidro il 31 ottobre 2009 è stato assegnato alla parrocchia di Santa Chiara dove opera attualmente in sinergia con Don Elvio Tuveri, parroco di Santa Teresa del Bambin Gesù e Don Piero Angelo Zedda, parroco di Santa Chiara e Santa Lucia.
Nei suoi dodici anni a San Gavino don Massimo ha fatto tanto. Profondo conoscitore del territorio, molto amato dai suoi parrocchiani, è un punto di riferimento per tutti con una capacità di aggregazione fuori dal comune. Ne è testimonianza un grande murales di 35 metri che decora il muro perimetrale del convento. Il Don, forte della sua esperienza, ha impostato i disegni con significativi richiami ai valori del Vangelo, espressi però in un linguaggio molto vicino ai ragazzi.

Ne è scaturita un’opera collettiva, realizzata nel 2019 in meno di due settimane da più di 350 persone,

perfettamente inserita nel contesto cittadino dove è presente un notevole movimento muralista.
Poi è sopraggiunta la pandemia e la comunità unita ha messo in atto progetti destinati alle persone più colpite. È stata avviata una grande raccolta fondi per l’Ospedale di San Gavino, promossa da un comitato spontaneo di cittadini e associazioni nell’ambito del quale l’Unità pastorale è stata coprotagonista sia come espressione pastorale cittadina sia in quanto realtà diocesana; la sensibilità del vescovo di Ales-Terralba, mons. Roberto Carboni, ha permesso inoltre una cospicua donazione che ha consentito di raggiungere l’obiettivo.
Tra le numerose iniziative realizzate in tempo di Covid spicca la “spesa sospesa”, un progetto reso possibile grazie al contributo di una rete di associazioni che hanno aiutato nella raccolta e nella distribuzione dei beni alimentari.
“La “spesa sospesa” è nata per sostenere la collettività in un momento di grande difficoltà a causa della pandemia – spiega don Massimo -. In virtù di una sinergia con i supermercati abbiamo potuto collocare in punti strategici i carrelli dove si potevano lasciare cibi destinati ai più bisognosi. Grazie alla generosità dei miei concittadini abbiamo sostenuto 65 famiglie in difficoltà”.
Un aiuto che non si è mai fermato grazie anche all’impegno dei giovani della comunità.
“Per paura dei contagi abbiamo lasciato a casa gli over 65 – conclude don Cabua -. Fortunatamente abbiamo potuto contare su una squadra di una decina di giovani universitari, a casa per il lockdown, che si sono messi a disposizione dei più fragili offrendo un aiuto concreto per accompagnare gli anziani dal medico o semplicemente ritirare una ricetta. Abbiamo istituito anche un numero di telefono dedicato per raccogliere le richieste”.
L’esperienza è stata di grande impatto per i ragazzi che hanno espresso il desiderio di continuare, al termine del periodo di piena emergenza, con un servizio di consegne a domicilio e di smistamento di abiti dimessi. Oltre alla “spesa sospesa” la comunità parrocchiale garantisce un servizio mensa, attivo dal lunedì al sabato, rivolto a chi non ha autonomia per cucinare da sé. I volontari preparano e consegnano i pasti garantendo, agli assistiti, pranzo e cena a domicilio.
L’ultimo tassello di questa capillare rete di assistenza è rappresentata dai pacchi alimentari, distribuiti con cadenza mensile e integrati tutti i martedì dalla consegna dei beni deteriorabili. È così che tante famiglie, colpite dall’improvvisa crisi economica legata al Covid-19, sono riuscite ad assicurare il cibo a tavola per i propri figli.
La solidarietà per don Massimo non conosce soste e anche nell’ ex convento in cui vive ha collocato, nell’atrio, alcuni scatoloni per raccogliere beni di prima necessità.

Il cancello è sempre aperto, anche di notte, perché la generosità non si ferma mai e non conosce orari.

28 Ottobre 2021
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