Fratelli sotto lo stesso tetto, cercando la volontà di Dio
Attualmente sono sei, tra ragazzi e ragazze, e vivono insieme nella Casa pastorale Giovanni Paolo II, alla periferia di Verona. Don Matteo Malosto, che risiede nella Casa e soprattutto guida il Centro pastorale adolescenti e giovani (Cpag) della diocesi, accompagna il loro discernimento, con l'aiuto di un altro prete, di due religiose, di due laici sposati.Ogni sera si siedono sui grandi divani grigi del salotto, guardano la tv, sorseggiano tisane. Parlano e si confrontano, raccontandosi com’è andata la giornata, condividendo pensieri e riflessioni. La mattina si svegliano in orari diversi, ma c’è chi pensa a mettere su il caffè anche per gli altri. Vanno al lavoro o all’università, poi si dividono i compiti di gestione della casa: chi fa la spesa, chi carica la lavatrice; chi cucina un piatto di pasta per tutti. Pregano insieme. Quasi fratelli, molto più che semplici coinquilini. Sono i giovani che abitano nella Casa pastorale Giovanni Paolo II, al civico 1A di via Bartolomeo Bacilieri, alla periferia di Verona. Ci restano un mese, un mese e mezzo. Poi ciascuno torna nella sua vecchia abitazione, lasciando il posto ad altri coetanei. Tutti impegnati nella pastorale giovanile, tutti desiderosi di una vita piena, vissuta in profondità.
L’idea di queste convivenze è stata di don Matteo Malosto, che risiede nella Casa e soprattutto guida il Centro pastorale adolescenti e giovani (Cpag) della diocesi di Verona. «Si è pensato di chiedere a quanti fanno servizio abitualmente nella pastorale giovanile di diventarne ancor più protagonisti, portando avanti un’esperienza di vita comune, senza dimenticare i loro impegni abituali, come lavorare e studiare – spiega il sacerdote –. Si tratta di un’esperienza di vita fraterna, umana, con la Messa tutti i giorni e un momento di verifica e preghiera il lunedì sera. C’è chi ha imparato a fare la lavatrice, chi a cucinare, ma naturalmente sono tutti maggiorenni. Fanno parte dell’équipe, cioè del gruppo direttivo, anche un altro prete, due religiose, due laici sposati, ma solo io sono residente nella casa».
Nella struttura alla periferia di Verona, circondata dal verde, trovano posto anche l’Unitalsi, l’Azione cattolica, la Caritas con una trentina di richiedenti asilo. Poi c’è la Casa, con le stanze singole per i giovani inquilini e spazi comuni. «Nel periodo in cui stanno qui, questi ragazzi vivono in questa forma di residenzialità, il servizio che già fanno – prosegue don Malosto –. I giovani oggi chiedono meno attività strutturate ma più possibilità di vivere le relazioni con un certo stile di fede. Vivere qui è una sfida per loro ed è importante per la loro vita. Sono certo che sarà utile. Stiamo realizzando una pastorale meno attiva ma più relazionale».
Sei gli attuali residenti della Casa pastorale Giovanni Paolo II, tra ragazzi e ragazze. Tra loro c’è Francesca Mengalli, 26 anni, psicologa e insegnante di sostegno nella scuola dell’infanzia. «Visto che lavoriamo tutti, abbiamo cercato dei momenti per stare assieme soprattutto la sera – spiega –, raccontandoci com’era andata la giornata. È stato un tempo di qualità per stare insieme. Siamo stati guidati da don Matteo nell’andare in profondità, nel gustare bene il tempo che ci è stato dato di vivere insieme. È stato bello vivere la quotidianità insieme, anche se con orari e tempi diversi. Abbiamo vissuto settimane semplici ma molto ricche, vivendo in fraternità nella quotidianità».
Giulia Verzé ha 27 anni e fa la maestra. Concluderà la convivenza la prossima settimana. «Abbiamo vissuto un mese e mezzo io e altri cinque ragazzi più o meno miei coetanei – racconta – ed è stato un periodo davvero ricco e intenso, ci sono stati tanti incontri, tante persone da accogliere e di cui prendersi cura. Nonostante siamo stati insieme tante settimane, a tutti noi sembra di essere qui da pochi giorni… Sono state giornate vissute con tanta gioia». Quando tornerà nella sua casa abituale, porterà con sé «tanta gratitudine, tanta gratuità nello scoprire quanto sia bello donarsi per gli altri e l’intenzione, rafforzata, di continuare a farlo in parrocchia, con la consapevolezza che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Mi porto a casa tanti sorrisi, tanti abbracci e la sensazione che aprirsi agli altri porta sempre tanta gioia.
Questa convivenza è stata un tesoro prezioso per tutti quanti noi».
(di Giulia Rocchi – foto gentilmente concesse da don Matteo Malosto)