Frascati: anziani e giovani insieme contro la solitudine
Da un anno a questa parte 50 adolescenti e giovani dei Castelli Romani stanno donando tempo e voce agli anziani più soli, a Frascati. Il progetto “Chi ama chiama” è nato per mettere in comunicazione persone di generazioni diverse che non si conoscevano, con risultati sorprendenti.“Come stai, Luciana? Hai mangiato? Va un po’ meglio oggi la schiena?». 82 anni, calabrese d’origine, Luciana è una dei tanti anziani dei Castelli Romani che più di altri hanno sofferto i mesi del covid. Costretta in casa da nove anni già prima del coronavirus, il confinamento l’ha privata anche delle poche persone che le facevano visita. Non però della telefonata quotidiana di una studentessa di Frascati. «Stella è una ragazza speciale – racconta Luciana – verso di me ha sempre mille attenzioni. Mi racconta delle sue giornate di studio ed è persino venuta a conoscermi di persona, pur senza entrare per proteggermi da un possibile contagio. Ogni sera non mi fa mancare mai il suo messaggio della buonanotte”.
Stella è uno dei 50 adolescenti e giovani che a Frascati stanno donando tempo e voce agli anziani più soli da un anno a questa parte. Il progetto “Chi ama chiama” è nato per mettere in comunicazione persone di generazioni diverse e che non si conoscevano. L’idea è di Romina Gori e Davide Febbraro, gli sposi a cui il vescovo Raffaello Martinelli ha affidato l’Ufficio diocesano di pastorale giovanile. “L’idea ci è venuta all’inizio del lockdown – ricorda Davide – quando le attività in presenza erano sospese e volevamo proporre ai ragazzi ben più di un incontro online. Così, insieme ai parroci del territorio, che hanno ben chiara la situazione di chi soffre oltre le mura delle case, abbiamo proposto ai giovani di telefonare ad alcuni anziani almeno un paio di volte a settimana. La risposta è stata incredibile:
a un anno di distanza molte di queste conversazioni continuano e sono nate amicizie preziose per entrambe le parti”.
Il progetto non ha coinvolto solo gli oratori ma, tramite gli insegnanti, anche studenti delle superiori e giovani universitari. “Per prima cosa – continua Davide – li abbiamo formati, invitandoli a donare ai ‘nonni’ qualcosa di se stessi, perché sono i piccoli gesti a fare la differenza. Così dai semplici racconti quotidiani è cresciuto lo scambio di confidenze e consigli”.
“Nadia ha 76 anni – spiega Alice, ventenne universitaria – e fin dalla prima telefonata mi ha trattata come una sua nipote”. Il diciottenne Patrizio invece ha conosciuto Anna Vittoria, ospite a 92 anni di una casa riposo: “Suo padre – ci racconta – la chiamò così per celebrare la vittoria dell’Italia sull’Austria, il 4 novembre del 1918, all’indomani della battaglia del Piave. L’iniziale imbarazzo mi è passato appena ho capito che con lei dovevo essere semplicemente me stesso”.
“Aver coinvolto ragazzi e anziani in un dialogo così riuscito per la qualità della vita di entrambi, dal momento che anche i ragazzi trovano mentori affidabili e radici salde con cui confrontarsi, vuol dire aver messo in primo piano tutte le figure della famiglia, grazie alla preziosa mediazione dei nostri parroci, che conoscevano bene entrambi – chiarisce il vescovo mons. Martinelli –. È una risposta di vita alla solitudine e all’incertezza in tempo di pandemia, un moltiplicatore di solidarietà e dialogo”.
Ma il meglio deve ancora venire, non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno. “Villa Campitelli, la nostra casa diocesana di spiritualità – anticipa Davide – è già pronta per ospitare insieme al vescovo la tappa finale di “Chi ama chiama”, e cioè l’incontro in presenza di tutti gli anziani con i loro nuovi amici, per guardarli finalmente in viso e dare un volto ad ogni voce”. (Ermanno Giuca)