Due fratelli, 130 anni in due a “parlare di Gesù”…
Settanta anni di messa don Lorenzo, sessanta don Carlo: i fratelli Calori nella diocesi di Como sono una vera istituzione. Da qualche anno vivono a Brunate, dove offrono un prezioso servizio alla comunità parrocchiale e per un certo periodo hanno sostituito anche il parroco, prima che ne venisse nominato uno nuovo. Sempre con l'entusiasmo di due ragazzi...«Quella del sacerdote è una vocazione sempre attuale, perché è il messaggio stesso del Vangelo a essere freschissimo e incarnato nella realtà delle persone e delle comunità». Il numero dei presbiteri è in calo. La prima cosa che possono fare, i credenti, però, è pregare. Perché «sono due le intenzioni di preghiera che Gesù in persona ci ha affidato: per chiedere di essere, in quanto cristiani, un cuore solo e un’anima sola e per domandare operai per la messe». Sono le riflessioni che condividiamo con don Lorenzo e don Carlo Calori, preti conosciuti e amati in tutta la diocesi di Como che, in questo 2022, festeggiano due anniversari importanti. I due fratelli quest’anno raggiungono il traguardo, rispettivamente, dei 70 (don Lorenzo) e dei 60 (don Carlo) anni di ordinazione presbiterale.
Don Lorenzo e don Carlo, una vita intera spesa nelle parrocchie e nel servizio pastorale alla diocesi, hanno vissuto in prima persona il cambiamento d’epoca di cui spesso parla papa Francesco, nella Chiesa – dal pre Concilio Vaticano II al post Concilio – e nella società – «quando ero a Menaggio l’unico mezzo di trasporto a disposizione era la bicicletta» (scherza don Lorenzo) –, compreso il tempo della pandemia «che ha accelerato processi già in corso e che ha portato a mutazioni profonde», ci dicono insieme. «In questi ultimi due anni abbiamo vissuto un passaggio unico e inatteso», è la riflessione di don Lorenzo che pure, nella sua vita, ha affrontato tempi certamente non facili. Con don Carlo ricorda la famiglia costretta a lasciare Milano sotto i bombardamenti, per trovare rifugio nelle Valli Varesine e poi tornare a Milano negli anni della ricostruzione.
«Le prime settimane della prima ondata della pandemia, per noi sacerdoti, sono state difficilissime – dicono insieme i due fratelli –. L’impossibilità di celebrare l’eucaristia insieme all’assemblea dei fedeli, non poter incontrare la gente, vivere la Pasqua divisi e in solitudine… e poi le ferite della gente, la malattia e i lutti nelle famiglie, le relazioni limitate… Sono stati momenti di prova che, ancora oggi, lasciano il segno nelle persone». Don Lorenzo e don Carlo da alcuni anni sono ritirati a Brunate, «una comunità di 1700 anime, con dinamiche e caratteristiche di un contesto montano in stretto contatto con la città di Como». Negli scorsi mesi, essendo vacante la figura del parroco, sono stati una presenza preziosa e irrinunciabile per la comunità: «finalmente abbiamo avuto il dono dell’ingresso del parroco, pochi mesi fa – osserva don Carlo –. È stata una vera grazia e, a don Alberto, abbiamo assicurato la nostra collaborazione, per la celebrazione dell’eucaristia, la visita ai malati, la catechesi degli adulti». Con l’allentamento della stretta del Covid le comunità tornano a rianimarsi: «le persone più fragili restano ancora prudenzialmente isolate – dicono i due sacerdoti –, ma le famiglie e i giovani ci sono». «Il progressivo assottigliarsi delle presenze è un fenomeno che abbiamo visto svilupparsi negli ultimi trent’anni – dice don Lorenzo – e la pandemia lo ha amplificato e velocizzato. Come sacerdoti abbiamo la consapevolezza di quanto sia importante esserci, accanto agli anziani, certo, ma anche alle famiglie, soprattutto le più giovani, alle quali spesso mancano dei punti di riferimento». Ripensando alla preparazione ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana, don Lorenzo ricorda quanta formazione, in passato, passasse dalla tradizione vissuta e respirata in famiglia. «Oggi ci sono bambini che non sanno fare il segno della croce» e «questo ci richiama all’essenzialità dell’evangelizzazione – sottolinea don Carlo –.
Dobbiamo tornare a parlare di Gesù».
E per farlo in modo efficace è necessaria la corresponsabilità fra sacerdoti e laici. Non tanto per l’assottigliarsi delle vocazioni al presbiterato, per le quali, come detto prima, è necessario pregare, quanto perché «è compito di ogni battezzato essere missionario del Vangelo». Per don Lorenzo e don Carlo due punti di riferimento sono l’affetto della gente e il senso della fraternità sacerdotale: «è sempre bello avere occasione per ritrovarsi insieme nei momenti formativi o celebrativi – racconta don Carlo – così come è preziosa la confidenza e il legame con i sacerdoti più giovani che chiedono a noi, preti più anziani, di essere loro guida spirituale… Il Signore ci vuole fratelli e questo senso di fraternità è la prima modalità che abbiamo per testimoniarLo». Un esempio di fraternità sacerdotale, per don Carlo, è stato don Roberto Malgesini: «con la sua personalità umile e silenziosa, e la sua vocazione nella vocazione, è sempre stato attento alle relazioni fraterne con gli altri preti… la sua è stata una testimonianza di Chiesa in uscita che tante figure della nostra diocesi hanno sempre vissuto… come non pensare a padre Giuseppe Ambrosoli, a don Renzo Beretta, alla beata suor Maria Laura Mainetti?». Come vedete il futuro della Chiesa e dei suoi presbiteri? «Non dobbiamo avere paura dei cambiamenti ma dobbiamo avere il coraggio di entrarci. Ce lo ricorda san Paolo: Dio ci dice “anche nel posto più misero, là mi sono già scelto un popolo”. Dio è davanti a noi: anche nel cambiamento d’epoca troveremo il Signore che ci ha preceduto e ci accompagna».
testo (da “Il Settimanale” del 24/02/2022) e foto di Enrica Lattanzi