Don Luigi e un popolo sotto il manto di Maria
Una storia, quella di don Luigi De Palma, che si lega a doppio filo con quella della gente di Corato (BA), attraverso una serie di tappe segnate da grandi sofferenze e perfino da una guarigione miracolosa. Sempre sotto il manto della Vergine di Lourdes.L’oliva coratina prende il nome dalla città di Corato, nella provincia di Bari, ma in realtà territorio dell’arcidiocesi di Trani Barletta Bisceglie. È una delle varietà di oliva pugliese più antica e longeva, coltivata in tutto il Sud Italia. Il suo olio è richiestissimo, particolarmente indicato nelle coltivazioni biologiche senza uso di sostanze chimiche.
Don Luigi De Palma, classe 1946, figlio di frantoiani coratini, era cresciuto tra quei rami di ulivo, dalle chiome con ramificazioni corte e molto espanse, gustando quell’olio orgoglio di famiglia, intenso e fruttato, leggermente amaro e tipicamente piccante, ricco di polifenoli salutari. Ma per diventare prete e rispondere alla chiamata aveva rinunciato a portare avanti l’azienda paterna.
“Avevo solo 12 anni – racconta – quando ho conosciuto S. Pio, a S. Giovanni Rotondo, e ho ricevuto la sua benedizione. E poi gli anni di seminario minore a Bisceglie, il seminario maggiore a Molfetta, la formazione accademica alla Pontificia Università Lateranense, l’ordinazione sacerdotale nel 1971”.
Prima di proseguire nel racconto del suo ministero e di come la sua devozione mariana sia diventata stile di vita e di comunità, don Gino torna alle origini del suo speciale legame con Lourdes.
“La mia devozione mariana è sbocciata nel lontano 1969. Ero stato 15 giorni a Lourdes con un amico di Bari – riprende – per un viaggio estivo con la Caritas internazionale: 30 seminaristi da tutto il mondo per accompagnare dei pellegrini poveri. Da allora è scoccata una scintilla e ci torno ogni anno, tanto che l’11 settembre del 2006, durante il pellegrinaggio nazionale dell’Unitalsi (di cui sono assistente nel gruppo di Corato, sottosezione di Trani) sono stato inserito nel gruppo dei sacerdoti cappellani d’onore del santuario. Dopo la mia ordinazione sacerdotale – continua don Gino – e dopo esser stato 3 anni vicerettore nel seminario minore di Molfetta, nel settembre del 1974 divenni viceparroco della Chiesa Matrice di Corato. Ma dopo soli 7 mesi, a marzo del 1975, accadde un avvenimento tragico: Don Ciccio Tattoli, parroco della Sacra Famiglia di Corato insieme a Don Peppino Altieri, viceparroco, morirono in un incidente stradale mentre si stavano recando a Bari. Il vescovo mi chiamò e mi chiese di spostarmi proprio in quella parrocchia. Dal centro del paese venivo trasferito nella zona più povera di Corato, zona di baracche e suppenne (delle costruzioni tipiche di quella zona n.d.r.), dove vivevano tante famiglie in condizioni miserevoli. Fu un’esperienza davvero dura, tanto che perfino Madre Teresa di Calcutta, venuta in visita a Corato, quando vide la povertà in cui ci trovavamo, volle mandare sei delle sue suore ad aiutarci per un anno.
Io sono rimasto alla Sacra Famiglia fino al 1997 ed è avvenuto proprio lì, nel 1992, l’incontro che mi ha cambiato la vita. Conobbi, infatti, la mamma di Cristian Zaza, un giovane che poi a Lourdes sarebbe guarito miracolosamente dalla malattia di Perthes. “Nota anche come Legg-Calvé-Perthes, dal nome dei tre medici che per primi l’hanno descritta – spiega proprio Cristian, oggi quasi quarantenne –, è una rara condizione infantile che colpisce l’anca. Si verifica quando l’apporto di sangue alla testa del femore è temporaneamente interrotto e le cellule ossee vanno incontro a una progressiva necrosi. Avevo solo 6 anni – rammenta Cristian – ed ero già costretto a portare un tutore. Ero stato sottoposto a ben 12 interventi chirurgici all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari finché, nel 1993, mia madre, crocerossina, pensò di chiedere a don Gino di portarmi a Lourdes con il treno bianco. Fu proprio don Gino a immergermi nella piscina dei bambini ammalati”.
“Piangevo e pregavo con tutta la fede possibile” – gli fa eco don Gino. Al rientro da Lourdes una radiografia attestò che in Cristian non c’era più traccia della malattia, di fronte all’incredulità anche dei medici più scettici. Dopo anni trascorsi sempre in ospedale o a casa allettato, Cristian poté riassaporare la gioia di giocare a calcio. Oggi cammina senza necessità di ausili, lavora in un pastificio, è sposato da dieci anni e ha due figli, uno di 6 anni e l’altro appena nato.
“Spero di poter tornare a Lourdes prima possibile – riprende Cristian –. Ho perso mia madre a soli 61 anni, e non potrò mai esprimerle abbastanza la mia gratitudine per quel viaggio miracoloso. Anche il mio legame affettivo con don Gino continua: frequento la sua parrocchia e lui mi ha restituito anche la fede, oltre a una vita normale”.
“Nel 1997 – continua don Gino – il vescovo mi ha spostato nella parrocchia centrale di Corato: Maria SS. Incoronata. Non nascondo la mia iniziale sofferenza nel lasciare la Sacra Famiglia dopo 22 anni e al ricordo di quel distacco mi commuovo ancora oggi. Ma anche con i giovani della parrocchia dell’Incoronata ho conservato un forte legame con Lourdes: abbiamo continuato a farci un camposcuola di dieci giorni e posso testimoniare che la grotta di Lourdes attrae sempre, riempie il cuore di gioia e di pace. Da qualche mese il vescovo mi ha spostato di nuovo in quella Chiesa Matrice, che quasi mezzo secolo fa avevo dovuto lasciare improvvisamente per la morte di don Tattoli. Anche qui il mio legame con Maria e la mia devozione a Bernadette sono rimaste fortissime. Se ci sono giovani che non possono pagarsi il viaggio a Lourdes cerco di aiutarli, anche perché capisco che oggi è sempre più difficile avvicinare i più giovani alla devozione mariana, presi come sono da tante altre distrazioni”.
“Molti dei miei amici – conclude Cristian – non sono credenti e io sento di avere il dovere di diffondere la mia testimonianza. Lo faccio, certamente, a cominciare dalla mia famiglia, con i miei figli e mia moglie. E poi cerco di allargare questo meraviglioso cerchio d’onda”.
(di Sabina Leonetti – foto gentilmente concesse dall’UNITALSI di Corato)