19 Novembre 2018

Da don Gigi Verdi, a Romena, per ritrovare la pace

Don Luigi Verdi è il sacerdote che ha dato vita alla Fraternità di Romena di Portovecchio, in provincia di Arezzo. Qui si trova la Pieve che richiama tantissime persone in cerca di conforto, aiuto, serenità. Qui si impara che la vita non cambia; ma può cambiare il modo in cui noi la vediamo...

Don Gigi Verdi è il sacerdote che ha dato vita alla Fraternità di Romena di Portovecchio in provincia di Arezzo. In questo luogo molto bello della Toscana si trova una Pieve e, don Gigi, che richiama tantissime persone che desiderano conforto, aiuto, serenità. E don Gigi è di sicuro un uomo che ne infonde tanta di serenità.

È un sacerdote semplice e diretto, che parla con il cuore: dopo 7 anni di sacerdozio arriva una crisi violenta che lo induce a chiedere un anno di riflessione al suo Vescovo. Si rende conto che prova un grande senso di inadeguatezza dovuta a 2 motivi: la sua grande timidezza e le sue mani affette da una malformazione congenita. Decide, con l’aiuto del salmo “La pietra scartata è diventata la pietra angolare” di trasformare le sue 2 peggiori -secondo lui- caratteristiche, nel meglio di lui, e per riuscirci deve lavorarci tanto su….del resto tra passare tutta la vita a lamentarsi e fare invece qualcosa di positivo, decide di percorrere questa seconda strada.

È molto grato alla sua crisi che lo ha aiutato a togliere l’inutile e a vedere ciò che c’è di buono nelle persone e nel mondo. In Sanscrito “crisi” significa infatti “depurare”…..le crisi sono strettoie che ci servono per vedere la luce! Don Gigi aiuta moltissime persone e soprattutto le famiglie che hanno perso un figlio. Ci parla del dolore, come di un grande ladro di energie. Ce ne parla con dolcezza e ci dice che ha imparato una cosa importante del dolore della morte di un figlio: da una parte i genitori devono vivere per portare avanti la vita e la bellezza del figlio che non c’è più, dall’altra devono stare in silenzio di fronte al mistero. La vita non cambia, cambia il modo in cui noi la vediamo, in cui noi posiamo gli occhi su di essa.

Ha creato insieme ai genitori che hanno perso un figlio, il Giardino della Resurrezione: in questo giardino ogni genitore pianta un mandorlo per il proprio figlio. Il mandorlo è il primo albero a fare i fiori e l’ultimo a dare i frutti. Questo giardino è un impegno per i genitori a fiorire, a non vivere nel dolore, a sforzarsi di essere dei genitori più creativi, più veri, più onesti, più coraggiosi, insomma migliori per i propri figli che stanno aspettando di riabbracciare. Del resto anche la Bibbia dice “Gettate via il mantello del lutto”: il lutto, il dolore, è come un mantello che da un lato fa comodo e tiene caldo, ma dall’altro ti impedisce di camminare e può farci passare la vita senza farci camminare e muovere.

Ci parla infine della bellezza e della tenerezza che sono molto utili alla crescita e alla vitalità delle persone. Secondo lui oggi i giovani mancano di vitalità perché non hanno cose belle da vedere. La modernità si è portata via sia la bellezza sia la tenerezza. La bellezza non è l’estetica, ma è la vita: non sono belli gli occhi, ma lo sguardo, non è bella la bocca, ma il sorriso, non sono belle le giuste misure, ma le cose vitali.

Solo una cosa di dovrebbe imparare da Gesù: la sua mitezza e la sua umiltà di cuore. Tutti devono cercare di restare umili, infatti si parte tutti dallo stesso punto, dalla terra. Il problema è che è molto facile inorgoglirsi e credersi qualcuno, e difficile invece restare umili…

(Giovanni Panozzo)

19 Novembre 2018
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