4 Marzo 2022

Dalle periferie romane a quelle del mondo, con lo stesso slancio

San Frumenzio è una parrocchia giovane ma da cui sono già usciti un cardinale e due vescovi. Tante le iniziative di carità a beneficio degli ultimi del Nuovo Salario e dei quartieri vicini e un ponte missionario che da Roma arriva fino al Mozambico.

Non sono molte le parrocchie che possono vantare, nella storia del presbiterio, un cardinale e due vescovi. Né quelle che hanno due giovani che studiano in seminario e si preparano a diventare sacerdoti. Sarebbe incredibile se la stessa comunità avesse costruito da zero una casa di accoglienza a Roma, un asilo nido per bambini bisognosi, e addirittura una missione in Mozambico con alloggi, un pozzo, tre scuole materne, un centro di sartoria, scuole professionali. Eppure, è tutto vero. Succede a San Frumenzio ai Prati Fiscali, nella zona del Nuovo Salario, a Roma. A guidarla, da cinque anni e mezzo, è don Daniele Salera, che ha raccolto l’eredità del cardinale Enrico Feroci – ne fu parroco dal 1991 al 2004 –; dell’arcivescovo Gianpiero Palmieri – da pochi mesi alla guida della diocesi di Ascoli Piceno e già parroco della comunità romana dal 2004 al 2016 –; e del vescovo Benoni Ambarus, che a San Frumenzio fu vice parroco dal 2006 al 2010 ed è oggi delegato per la Carità nella diocesi di Roma.
«Nel territorio parrocchiale ci sono ottomila citofoni, vale a dire almeno 21 o 22 mila persone. Ma molti dei fedeli che frequentano la comunità risiedono da altre parti, e San Frumenzio è la loro parrocchia di elezione – spiega don Salera –. Ad esempio, su 150 bambini iscritti al catechismo per la prima comunione, almeno la metà vengono da fuori. Si tratta di persone che hanno una forte sensibilità verso le fasce più in difficoltà della popolazione, grazie a un senso civico molto diffuso negli abitanti del territorio». Un quartiere benestante, tra il Tevere e l’Aniene, con negozi e servizi, dove «c’è grande attenzione ai temi della solidarietà, del civismo, della salvaguardia della natura – prosegue il sacerdote –. È una zona dove si vive bene, anche per la qualità delle relazioni che le persone stabiliscono tra di loro».

Relazioni durature e profonde come quelle che si instaurano tra i ragazzi che frequentano la parrocchia,

dove si inizia con la catechesi del Buon Pastore tra i 3 e i 4 anni, si prosegue con il Gruppo Smilos per i bambini dai 6 agli 8 anni, poi si va avanti con il percorso di preparazione alla prima comunione e quindi si passa al dopo-comunione negli anni delle scuole medie. «In primo superiore inizia il catechismo per la cresima, che dura quattro anni – spiega il parroco –, e al termine i ragazzi possono già diventare aiuto-catechisti della comunione, e poi, dopo due anni, catechisti dei ragazzini di prima media. Non è raro, a San Frumenzio, trovare chi ha iniziato a frequentare i gruppi a 6 anni e ne esce a 25. Naturalmente c’è chi abbandona, ma tra quelli che restano il senso di appartenenza è molto forte».

Giovani e solidarietà sono i due ambiti su cui punta la parrocchia dei Prati Fiscali.

«La carità per noi coincide con una casa famiglia che ospita mamme con bambini, costruita e gestita interamente da volontari – sottolinea don Salera –. Poi abbiamo l’esperienza di Televita, un servizio di teleassistenza per anziani, per i quali vengono promossi anche momenti di svago e laboratori. E un asilo nido in collaborazione con la Caritas diocesana, Tanaliberamondo, per bambini da 12 mesi a 3 anni, dei quali un terzo non paganti, le cui rette sono coperte con iniziative di autofinanziamento». Ma non solo. A San Frumenzio si dà ospitalità a una famiglia di rifugiati iracheni ed è a disposizione una stanza per ospitare senza tetto nell’emergenza freddo; ci sono l’Emporio della solidarietà della Caritas dove fare la spesa gratuitamente e il servizio di sostegno per le donne vittime di maltrattamenti. «Ci stiamo anche muovendo per ristrutturare un locale e adibirlo a cohousing per uomini adulti», annuncia il parroco.
Mani tese verso gli altri anche oltre i confini nazionali, fino in Africa, in Mozambico. Qui, nel 1991, l’allora parroco don Enrico Feroci portò con alcuni parrocchiani il primo carico di aiuti a Mafuiane, 40 km da Maputo, in quello che all’epoca era considerato il Paese più povero del mondo. Mancava tutto mentre oggi, grazie alla generosità dei parrocchiani, c’è una missione che permette ai ragazzi di studiare e costruire il proprio futuro. Dal 2013, con il coinvolgimento delle comunità parrocchiali di Sant’Ugo e di Santa Gemma Galgani, è diventata una realtà missionaria della diocesi di Roma.

(di Giulia Rocchi / foto e video di Cristian Gennari – Agenzia Romano Siciliani)

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