Cologna: il creato, scuola di gratitudine e pazienza
Sul delta del Po l'ultima Giornata nazionale per la custodia del creato è stata vissuta insieme dalle diocesi di Adria-Rovigo e Ferrara-Comacchio. Ad ospitare le celebrazioni una storica cooperativa nata per promuovere la collaborazione tra gli agricoltori e per tutelare meglio la qualità dei prodotti e il rispetto della natura.Il più antico ricordo di Cologna Ferrarese si trova in una pergamena del 1158. Il nome è già scritto pressappoco come l’attuale, Collognam, ovvero «Colonia». Qui nel 1253 il vescovo di Adria Guglielmo d’Este pose la prima pietra della chiesa in onore di Santa Margherita, vergine e martire antiochena. Ciò fa supporre che il territorio di Cologna fosse soggetto all’autorità del vescovo di Adria, e sia passato poi a quello di Ravenna. In questa zona, che si estende per 45 km lungo il Po, le due diocesi accomunate dal delta del fiume, Adria-Rovigo e Ferrara-Comacchio, continuano a collaborare. Per questo la Giornata nazionale per la custodia del creato, in linea con il tema scelto per il 2022 “Prese il pane, rese grazie” (LC, 22,19), è stata vissuta nella Cooperativa Assistenza Produttori Agricoli (CAPA) di Cologna, una realtà virtuosa nata nel 1970 per rispondere alle necessità dei produttori agricoli: creare una struttura adatta alla raccolta, all’essiccazione, allo stoccaggio e alla commercializzazione dei prodotti cerealicoli.
“In continuità con il Congresso Eucaristico di Matera – spiega don Francesco Viali, responsabile della pastorale sociale della diocesi estense – e in virtù dei rapporti precedenti del vescovo Gian Carlo Perego con la cooperativa, abbiamo chiesto ospitalità per celebrare un’eccellenza economica, nelle prime fasi che anticipano la produzione del pane. Da alcuni anni viviamo il “tempo del creato”, oltre la Giornata nazionale, con tre o quattro appuntamenti fino alla solennità di S. Francesco D’Assisi, sia a livello liturgico con la preghiera ecumenica e la celebrazione eucaristica , sia con l’esperienza di una passeggiata a stretto contatto con la natura. Nei fedeli sta crescendo la sensibilità verso le tematiche del rispetto del creato ed è imminente la nascita, voluta dal basso, di un Circolo intitolato alla Laudato Si”.
Tra i principali promotori dell’evento dello scorso ottobre don Francesco Pio Morcavallo, parroco di San Rocco di Berra e di Santa Margherita Vergine e Martire di Cologna, che ha pensato di esaltare l’importanza del dono del pane proprio laddove il grano viene conservato, attraverso l’impegno della comunità ecclesiale e civile. La Cooperativa CAPA sostiene e tutela le attività agricole di oltre 1.300 soci. La struttura si estende su un’area di 100.000 mq di proprietà ed è dotata di 4 avanzati impianti di essiccazione, in grado di lavorare oltre 4.800 tonnellate di cereali al giorno. La qualità del prodotto viene garantita fin dalla campagna, grazie al prezioso lavoro di tecnici agronomi che forniscono un’assistenza periodica alle colture dei soci. Il complesso è dotato di uffici, è provvisto di 6 magazzini e 36 silos con una capacità totale di stoccaggio di circa 123.000 tonnellate.
“Buona parte dei soci della cooperativa – precisa don Morcavallo – sono miei parrocchiani. Cinquanta anni fa, infatti, emerse l’importanza di vivere una sussidiarietà per la fede, da cui nacque la cooperativa di servizi, con una politica di equilibrio nei confronti di tutti i soci. Da buon pugliese di origine ritengo che la cooperazione al Sud divenga difficile nella misura in cui si esalta l’individualismo e l’altro è visto come avversario, non come collaboratore e valore aggiunto. Nella parrocchia di Cologna, soli 800 abitanti (a Berra invece sono 1600), i fedeli vivono di agricoltura e servizi, ma la partecipazione alla vita ecclesiale era scarsa. Pesa questo tempo di forte secolarizzazione e anche il fatto che gli studenti sono tutti fuori, nelle città. Così abbiamo rimesso al centro l’Eucarestia celebrandola in un’azienda che dà lavoro, nei pressi dello stoccaggio del grano; abbiamo visitato tutto il processo di lavorazione nella cooperativa dove i chicchi di cereali, oleaginose e ortofrutta, vengono refrigerati nei silos tra i 14 e i 16 gradi per evitare formazione di microrganismi e batteri che possano inficiare la qualità del prodotto.
È questo il rispetto della casa comune, del creato, casa di Dio.
Dobbiamo impegnarci a difenderlo dagli sconvolgimenti che possono venire da mercati di dubbia provenienza, dove si pratica lo sfruttamento della manodopera.
Alla fine di novembre, con la prima domenica di Avvento, si celebra la Giornata del ringraziamento per il raccolto. Sebbene quest’anno la quantità non sia particolarmente abbondante, la Giornata è comunque un’occasione che ci invita a riscoprire l’attesa del Signore, anche quando non si raccoglie tutto ciò per cui si è investito. In questo modo
l’Avvento si concretizza di vissuto ecclesiale anche nell’ambito lavorativo”.
Alberto Stefanati, 55 anni, Presidente di CAPA dal 2009, durante l’evento diocesano ha ringraziato il parroco e l’Arcivescovo per la scelta di celebrare la Giornata proprio nella cooperativa, nata in antitesi con il potere dei Consorzi Agrari del tempo. “Noi siamo agricoltori per cultura – ribadisce – di matrice cattolica, ma al centro della nostra missione è l’uomo, con il capitale della persona, con gli stessi diritti di chi vende o acquista di più. La guerra in Ucraina purtroppo ci sta facendo capire l’importanza dell’agricoltura anche in Italia: possiamo viaggiare verso la green economy, lasciare campi incolti, dare sussidi, ma il primo a dover preservare la terra resta l’agricoltore. La nostra cooperativa vanta certificazioni e tracciabilità dei prodotti, con oltre 2 milioni di quintali di cereali su 40mila ettari, oltre 15milioni di euro investiti in azienda, di cui 8 milioni derivanti da fondi comunitari, e oltre 50 soci. Ma come preservare il creato? Le lobby politiche – conclude Stefanati – stanno decidendo le sorti del mondo agricolo. L’ambiente non si controlla a tavolino, ma affiancando nei campi l’agricoltore, che conosce i cicli della terra e che ama e soffre con il suolo, con l’aria e con gli elementi essenziali per vivere”.
di Sabina Leonetti
Da S. Giovanni Rotondo all’Emilia Romagna:
chi è don Francesco Pio MorcavalloDon Francesco Pio Morcavallo, 43 anni, papà pugliese poi trasferitosi a Milano: una storia inusuale la sua. Suo padre Pietro fu il primo gestore dell’albergo voluto da Padre Pio nel centro divenuto famoso in tutto il mondo per l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, fatto costruire dal frate a S. Giovanni Rotondo, al rientro dalla Lombardia. Un altro hotel realizzato poi nel 1968 a Peschici sul Gargano. Ogni volta che papà Pietro aveva tentato il successo altrove, si era sempre ritrovato a San Giovanni Rotondo, dove Padre Pio lo rimproverava: “Lo vuoi capire o no che il Signore ti vuole qui?” Così Pietro nell’albergo conobbe anche Mirella, che poi divenne sua moglie. Li sposò proprio Padre Pio e tra gli altri figli nacque Francesco Pio. “Sono cresciuto a pane e Padre Pio – ama scherzare il sacerdote – ma la vocazione è arrivata dopo. Prima ho lavorato in alberghi e ristorazione, appassionato d’informatica, avevo anche una fidanzata, mi ero iscritto alla Facoltà d’Ingegneria del Politecnico di Bari. Poi la chiamata del Signore: nel 2007 entrai in Seminario, nel 2013 sono stato ordinato sacerdote”.
Sei anni di apprendimento a Ferrara, quattro anni da fidei donum nella diocesi di Carpi, inviato alla parrocchia di Limidi di Soliera, nel modenese, con funzione di viceparroco. Dal 24 febbraio 2019 è parroco nel basso ferrarese a Santa Margherita di Cologna, mentre a S. Rocco di Berra lo era già da ottobre 2017.
(S.L.)