Clothest: bellezza, solidarietà e attenzione all’ambiente
Una piattaforma di e-commerce no profit nata a dicembre 2020: il ricavato di ciò che viene venduto, prima ricevuto gratuitamente, viene poi interamente utilizzato per finanziare i progetti della Casa Famiglia Caritas di Montevarchi. "Siamo un pezzetto di Chiesa in uscita", spiega il parroco, don Mauro Frasi.C’è il minidress di Missoni a 42 euro, i pantaloni di Max Mara a 39, il piumino lungo di Prada a 170. Sono abiti usati di alta moda, tutti in perfette condizioni, quelli venduti su Clothest, “piattaforma e-commerce no profit” nata a dicembre 2020. Tutto ciò che viene venduto su questo sito internet, infatti, è stato donato gratuitamente e il ricavato viene interamente utilizzato per finanziare i progetti di assistenza della Casa Famiglia Caritas di Montevarchi, che aiuta 200 persone l’anno e offre ospitalità a una quarantina di senza dimora.
«Quello che ci piace fare attraverso questo progetto va al di là dell’aiuto contingente ai bisognosi», spiega la fondatrice di Clothest Letizia Baldetti. In un mondo sempre più dominato dal fast fashion, «vogliamo introdurre l’idea di fare acquisti in modo più consapevole, facendo del bene agli altri ma anche al pianeta – prosegue –. La produzione della moda genera molto inquinamento, ad esempio. Ci piace pensare di portare un messaggio un po’ diverso, e riuscire a introdurre un sistema di acquisto differente.
Sono piccoli passi possibili per costruire un domani migliore, più attento al pianeta e alle persone in difficoltà».
Per questo è stato scelto come nome dell’inizaitiva “Clothest”, che tradotto in italiano suonerebbe un po’ come “vestitissimo”. «L’idea è quella di “vestito alla seconda”, cioè dare una seconda vita, una seconda possibilità a questi abiti – spiega Baldetti –. Così come questi capi di abbigliamento non sono scarti, così nemmeno le persone accolte nella Casa Famiglia vanno considerate degli “scartati”». Secondo alcune stime, sarebbero almeno 92 milioni di tonnellate gli abiti che, in tutto il mondo, ogni anno vengono gettati via. A Montevarchi, invece, oggi c’è un magazzino dove più di mille vestiti firmati, da donna e da uomo, insieme a borse e scarpe, attendono di trovare un acquirente grazie a Clothest. Tutti sono stati catalogati e fotografati, grazie all’impegno dei circa trenta volontari che si occupano di questo progetto. Ciascuno secondo le proprie inclinazioni: c’è chi fa da modella, chi gestisce il sito internet, chi scatta le foto. «Fare volontariato non è una cosa noiosa o sempre uguale – rivendica ancora la fondatrice di Clothest –, ma per un ragazzo vuol dire
mettere al servizio degli altri quello che sei, con i tuoi talenti, le tue inclinazioni e capacità».
Coinvolti in Clothest anche professionisti di vari settori, che hanno messo le proprie competenze gratuitamente a disposizione di questa iniziativa. Come Paolo Iabichini, che ama definirsi il creativ angel del progetto. «Aiutare questo gruppo di volontariato – osserva – è un’avventura straordinaria. Ho prestato il mio scrivere alla loro idea, abbiamo lavorato insieme per costruire un vero e proprio brand in grado di stare sul mercato della moda con la stessa dignità di contenuti e comunicazione di attori più importanti. Insieme a me hanno lavorato professionalità specializzate nel design e nel digitale. È stato un lavoro di squadra, anche questo volontario, dove ha prevalso la generosità, la voglia di creare impatto sociale e aiutare un manipolo di folli a cambiare il mondo».
La piattaforma e-commerce è attiva da circa due anni e mezzo, ma l’iniziativa viene portata avanti dal 2015. «L’idea è nata nelle stanze degli uffici Caritas di Montevarchi, dove operavo come volontaria – racconta Baldetti –. In quel periodo seguivo un gruppo di giovani e ogni domenica ci ritrovavamo nella Casa Famiglia e sistemavamo la stanza dove si svolgeva la raccolta degli abiti usati.
A volte ci rendevamo conto che arrivavano tante cose che non erano adatte per la distribuzione ai poveri: il paio di scarpe con i tacchi alti, la gonnellina di tulle…. Da lì è nata la domanda: come sfruttare al meglio questi abiti, che comunque sono stati donati per aiutare le persone bisognose?
Così abbiamo iniziato a raccoglierli prima nel garage di casa mia, a catalogarli e a fotografarli. All’inizio li mettevamo in vendita su Ebay, e poi piano piano ha preso il via un progetto più grande». Il sogno, confida, «è riuscire a trasformare Clothest in una vera impresa sociale, in cui assumere prima o poi alcune delle persone alle quali diamo aiuto, che spesso cercano lavoro».
La Casa Famiglia sostenuta dal progetto è «di fatto la casa canonica riadattata per l’accoglienza, e adesso oltre a me ci abitano due sacerdoti e 36 persone senza dimora», spiega il parroco don Mauro Frasi. Quella che è stata realizzata a Montevarchi, per il sacerdote, è «un pezzetto di “Chiesa di Francesco”, come la immagina il Santo Padre, che ci ha accolto in udienza il 4 febbraio 2022. In quell’occasione gli abbiamo anche portato alcuni regali realizzati da Clothest e gli abbiamo così presentato la nostra iniziativa un po’ speciale, per ridare vita a vecchi abiti. Il nostro è un piccolo esempio di Chiesa in uscita».
(di Giulia Rocchi – foto gentilmente concesse da “Clothest”)