Carità è anche offrire una vacanza a chi non può permetterselo
Ogni anno decine di strutture religiose su segnalazione dei parroci donano ai più bisognosi alloggi gratuiti, per una settimana di ferie al mare, in montagna o nelle città d’arte. Finora ospitate 2.500 persone, tra cui molti bambini“La nostra avventura è cominciata due anni fa quando per la prima volta siamo potuti andare una settimana in vacanza. Al mare, a Jesolo, sulla costa veneta dell’Adriatico, in pensione completa. Poi l’anno scorso abbiamo visitato Roma, con pernottamento e colazione offerti dalla struttura che ci ha ospitato e quest’anno siamo in partenza per le montagne del Trentino.
Vacanze che per la nostra condizione di famiglia numerosa e monoreddito sarebbero state semplicemente impensabili
senza il progetto dell’Ospitalità misericordiosa”.
A parlare è Carlo (il nome è fittizio), insegnante a Vicenza, che con la moglie e i quattro figli (tra i 6 e i 14 anni di età) ha potuto usufruire della generosità di chi dona alle famiglie meno abbienti una settimana di ferie nel periodo estivo, mettendo loro a disposizione la propria struttura con tutti i servizi.
“L’idea è nata nel 2016 durante il Giubileo straordinario della Misericordia – racconta don Gionatan De Marco, responsabile dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, che ha patrocinato il progetto– come segno tangibile di partecipazione da parte di tante istituzioni religiose che gestiscono case di ospitalità, e non poteva mancare il sostegno della Chiesa italiana. In quell’anno ognuno era chiamato ad esprimere i propri talenti dando vita ad opere di misericordia e quale migliore occasione per aprire le porte di luoghi accoglienti per donare una vacanza per tanti inaccessibile? Una volta trascorso il Giubileo, la misericordia è rimasta nel cuore di tanti gestori, che hanno insistito per prolungare quest’esperienza di dono”.
Un progetto, quello dell’Ospitalità misericordiosa, che scaturisce da un’altra iniziativa più ampia messa in piedi un anno prima, nel 2015, racconta Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana: “volevamo riunire in un portale web tutti gli alloggi, situati spesso in località mozzafiato – eremi, monasteri, conventi, abbazie, ma anche casali, hotel, case alpine,
per un totale di circa 1700 strutture e 123 mila posti letto – di ispirazione o di proprietà religiosa,
gestiti da consacrati o laici specializzati nell’accoglienza dei pellegrini, e farne meta di vacanze. Vacanze a pagamento (anche se low-cost), ma differenti rispetto a quelle del tradizionale circuito turistico: una sorta di soggiorni di esperienza”.
Tra queste strutture, almeno una settantina, sparse in tutta Italia (in località di mare, di montagna e città d’arte), memori dell’invito di Papa Francesco a vivere una misericordia “creativa”, hanno aperto le porte in totale gratuità a chi non può permettersi una vacanza, per un totale finora di 37 mila notti offerte e 2.500 tra famiglie e gruppi ospitati. Molti i bambini. “Proprio a loro guardiamo sempre più, invitando, in occasione delle vacanza estive 2019, le famiglie e i genitori singoli con almeno un bambino entro i 12 anni di età, a farsi avanti”.
Unica condizione è quella che in un certo senso impegna il parroco, che si fa garante del bisogno reale della famiglia. Solo lui infatti o un rappresentante della Caritas parrocchiale può chiamare la struttura ricettiva, non la famiglia interessata. La telefonata o l’email valgono già da prenotazione. Così ha fatto don Antonio Uderzo, parroco di Monteviale (Vicenza), che ha agito da intermediario presso le strutture che hanno ospitato la famiglia di Carlo: “Vedere posti nuovi e cambiare aria fa bene anche all’anima e all’armonia familiare – dice il sacerdote – Per questo la vacanza non è affatto un bene superfluo”.
Così pure don Luciano Morello, parroco di Villarbasse (Torino) che quest’anno ha prenotato le vacanze, al mare e in montagna, per ben quattro famiglie, tutte con bambini, conosciute e seguite dalla Caritas, tre italiane e una straniera. “In una società in cui alcuni possono andare in vacanza e altri no, regalare una settimana di ferie significa anche riportare un po’ di giustizia – afferma don Luciano – Ed è sicuramente un’opportunità da cogliere, sia da parte di chi può così godere una vacanza insperata, sia per noi che possiamo dare un bel segno: ci prendiamo cura dell’altro anche nella dimensione relazionale, e non solo con la busta della spesa per l’aiuto alimentare, o con un contributo per pagare le bollette”.
E che la vacanza non sia un di più, ma un bene da offrire, ne è convinto anche don Gionatan: “Chi è in stato di bisogno viene “misurato” tutti i giorni nelle sue necessità, per le quali è costretto a chiedere e ad attingere dalle opere caritatevoli. Il significato di una vacanza donata invece lo libera dalle preoccupazioni del quotidiano e gli consente di respirare un’aria densa di “ossigeno per l’anima”. Certo, una vacanza non risolve i problemi di una famiglia, ma il gesto di donare rappresenta una luminosa testimonianza d’amore che dura ben oltre la fine del soggiorno, producendo un vissuto che rimarrà nei cuori”.
“Abbiamo sempre trovato gente accogliente che non ci ha mai fatto pesare la nostra condizione – conclude Carlo – siamo grati per questa generosità”.
(Daniela De Vecchis)