Calcio, vangelo e solidarietà: con una maglia azzurro-cielo
Dal 2016 la nazionale italiana dei sacerdoti unisce la gioia della fraternità tra preti alla raccolta di risorse preziose che vengono messe a disposizione di progetti di solidarietà, in Italia e nel mondo. Chi ne fa parte ha la propria vita e la propria missione, e ogni tanto, insieme, anche il calcio diventa una buona occasione di annuncio.Maglietta e calzoncini che prendono per 90 minuti il posto della tonaca. È questa la storia della Nazionale Sacerdoti Italia Calcio, una selezione calcistica che coinvolge una trentina di sacerdoti che hanno deciso di unire il dilettevole, il pallone, con l’utile, l’impegno sociale.
“Siamo nati nel 2016 e dal 2018 siamo un’Associazione sportiva dilettantistica, affiliata al CONI e al CSI, visto che nel 2018 abbiamo organizzato, proprio in Italia, l’Europeo dei sacerdoti. Il nostro obiettivo, però, è anche quello di condividere la fraternità sacerdotale e realizzare qualcosa di utile”, racconta don Jordan Coraglia, parroco di Castelcovati, un piccolo comune dell’hinterland bresciano, e presidente dell’associazione. Oltre alla competizione europea, un cruccio perché la selezione italiana non riesce mai ad andare oltre il nono posto (“ma prima o poi ci riusciremo”, assicura don Jordan), la squadra partecipa anche a tornei in giro per il Paese. “Giochiamo sia in modalità futsal, come all’Europeo, che anche a 11: le somme che raccogliamo le destiniamo a progetti sociali che decidiamo quando ci riuniamo”, chiarisce don Coraglia.
I progetti
Sin dalla sua fondazione la Nazionale Sacerdoti Italia Calcio ha deciso di finanziare progetti sociali: nel 2018, in occasione dell’Europeo in casa, il ricavato delle iniziative è andato agli Spedali Civili di Brescia per l’Abe, l’Associazione Bambini Emopatici, mentre nel 2019 è stato finanziato un progetto alla periferia di Kinshasa, in Congo, che comprendeva la costruzione della scuola “Gocce d’acqua” e dell’ospedale “Lorenzo”. A far conoscere quest’iniziativa al gruppo è stato don Alphonse Lukoki, sacerdote della diocesi di Piacenza e parroco della Basilica di San Savino. “Il finanziamento del gruppo Sacerdoti Italia Calcio è stato importante perché ci ha permesso di portare avanti la costruzione della scuola, che accoglie i bambini dalla materna alle superiori. Accanto c’è l’ospedale e anche un sito mariano, che sta avvicinando sempre più persone alla fede”, racconta don Alphonse. Un aiuto importante, considerando che non ci sono finanziamenti statali ma soltanto il passaparola dei volenterosi. Lo stesso spera di poter fare anche don Mattia Mengalli, sacerdote della diocesi di Verona, che ha segnalato per quest’anno un progetto legato alla Siria.
“L’obiettivo che ci siamo posti quest’anno è quello di aiutare la costruzione di ospedali a Damasco e ad Aleppo,
seguendo le indicazioni di un cardinale vicino alla nostra diocesi, Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria. Questi ospedali aiuteranno soprattutto i più poveri: non dimentichiamo che la situazione nel Paese è di grave sofferenza a causa della guerra e del terremoto”, racconta Don Mattia.
Il calcio veicolo di fede
Tutto questo però non ci sarebbe se non ci fosse il campo e l’impegno sul terreno di gioco. “Proveniamo un po’ da tutta Italia, specie dal Nord, e stiamo cercando di integrare il gruppo con forze fresche”, evidenzia Don Jordan, che sottolinea come tutti “i momenti di comunità sono anche momenti di comunione spirituale”, un principio portato anche in udienza da Papa Francesco qualche anno fa a Roma. Ma cosa vi disse papa Francesco quando gli avete presentato il progetto?
“Gli abbiamo regalato la maglia numero 6, da difensore, perché lui protegge la Fede e lui ci ha ringraziato. Ci ha detto di continuare e di non perdere mai di vista l’obiettivo” – evidenzia Don Jordan. E tra questi c’è anche quello di non perdere il contatto tra la fede e il mondo del pallone. “Ci sono delle gerarchie, per carità, e una parrocchia non può fare solo sport. Questo però non significa che siano realtà da trascurare, visto che le parrocchie hanno gli oratori, che sono anche luoghi educativi per i più giovani” -evidenzia don Antonio Bislenghi, mister della squadra e parroco di Annicco, comune di nemmeno 2mila anime in provincia di Cremona.
“La verità – aggiunge don Jordan – è che anche le parrocchie più piccole e più periferiche hanno sempre un luogo di aggregazione come un campetto e la passione dei ragazzi non si è spenta, anzi”. E anche tra i più giovani, coloro che fanno parte del gruppo squadra, la passione non si è affievolita ma anzi conferisce loro più autorevolezza. “Sport come il calcio possono essere un grande canale di evangelizzazione. Sapere e conoscere le regole, comprendere il gioco di squadra e ascoltare l’allenatore sono metafore perfette anche per la fede. È bello vedere giocare i ragazzi ed è un’occasione anche per noi per incontrare anche famiglie non cristiane” – spiega don Mattia, che nella Nazionale è attaccante. Lo stesso ruolo di Don Alphonse, che oggi però non gioca più.
“Anche se non calco più i campi, questo sport mi ha reso conosciuto ai ragazzi e persino le suore di clausura sanno che gioco a calcio! Il pallone è un perfetto strumento per la pastorale giovanile e grazie ad esso, a 60 anni e dopo 32 in Italia, mi sento ancora profondamente giovane”.
(di Lucio Palmisano – foto gentilmente concesse da don Jordan Coraglia e don Alphonse Lukoki)