Bergamo, cantiere del dialogo: aperti a tutti per costruire il bene
Abitare “spazi laici dei valori” che siano luoghi di costruzione del bene comune a prescindere dalle appartenenze: così, secondo don Cristiano Re, direttore per la diocesi di Bergamo e delegato della Lombardia per la pastorale sociale e del lavoro, si può diventare sale e lievito.Centri estivi diffusi, ovvero non confinati all’oratorio ma svolti insieme a polisportive e spazi educativi informali sparsi nei quartieri di Bergamo; giornate e percorsi di formazione sulla Economy of Francesco realizzati nelle scuole superiori con le Acli cittadine; tavoli inter-istituzionali periodicamente riuniti insieme alle amministrazioni comunali, le associazioni di volontariato, le aziende su progetti concreti che riguardano la vita pubblica, dai trasporti alla cura dei disabili e dei minori a rischio.
Sono solo alcune delle iniziative avviate in questi anni dalla diocesi di Bergamo sul fronte della partecipazione nel racconto di don Cristiano Re, direttore dell’ufficio per la pastorale sociale e del lavoro e della Custodia del Creato e dal 2021 successore di don Walter Magnoni come delegato regionale in questo ambito per la Lombardia.
Classe 1974, originario di quella Val Seriana che dopo la Cina è stata la seconda zona al mondo colpita dalla pandemia da Covid 19, è cresciuto in una famiglia di piccoli imprenditori tessili ovvero «in un contesto nel quale si impara fin dalla culla a non stare con le mani in mano» dice ridendo nel suo ufficio della parrocchia di San Gregorio Barbarigo nel quartiere di Monterosso, dove vive.
Don Chicco, come tutti lo chiamano forse per la faccia da eterno ragazzino, ha fatto parte delle decine di migliaia di giovani che ancora negli anni Ottanta affollavano gli oratori in una diocesi da un milione e 300mila abitanti storicamente generosa di vocazioni. «In quegli anni gli oratori erano ancora un punto di riferimento totale, tanto in città quanto nei paesi. Ho avuto la fortuna di avere ottimi padri spirituali e tanti amici che come me hanno scelto il sacerdozio. Sono entrato a 14 anni in seminario – racconta – ed è stato per me una formidabile scuola di vita, esigente e spartana che ci ha abituati ad intraprendere vie nuove senza pensarci troppo».
Così, subito dopo l’ordinazione nel 1999, è diventato responsabile dell’oratorio del popoloso quartiere Borgo Santa Caterina dove è rimasto per 13 anni seguendo i giovani e le famiglie. «Anche lì sono stato stimolato dai parrocchiani, dalla gente del quartiere e dagli altri parroci a migliorare la vita nel territorio, facilitando l’incontro e il dialogo tra tutte le componenti sociali». Da questo approccio è scaturito nel 2013 l’incarico di referente diocesano per la pastorale sociale e del lavoro. «Ho chiesto di rimanere a vivere in parrocchia per restare in mezzo alla gente e per continuare a seguire i giovani, anche quelli che svolgono il servizio civile da noi. E siccome non sono più giovane – dice con un sorriso – cerco con loro di dedicarmi alla cura del dentro, a coltivare la loro dimensione spirituale e non solo quella dell’essere presente laddove la vita si svolge».
Tra i tanti progetti realizzati in questi anni «insieme a tanti, e per questo – precisa – non possiamo che parlare al plurale», cita a mo’ di esempio il lungo processo che ha portato all’approvazione di un servizio di viabilità leggera eco-sostenibile fra Bergamo e Dalmine al via nei prossimi mesi con un finanziamento di 80 milioni dal PNRR. Un progetto reso possibile anche grazie all’interessamento dal 2015 della diocesi e delle parrocchie che, una volta intercettato il disagio su mobilità e assenza di trasporti in quella zona, hanno creato un tavolo di dialogo inter-istituzionale nel quale la diocesi faceva da «facilitatore o segreteria» fra le amministrazioni comunali, le aziende, l’università, i sindacati. «Abbiamo attivato un sistema e questo è il servizio che la Chiesa può fare: può creare un tavolo di dialogo per progettare e costruire qualcosa per i cittadini» – rimarca.
Nel 2020 don Cristiano viveva dunque da molti anni questo ruolo da “animatore degli animatori” e ideatore di molte iniziative congiunte con le associazioni e le istituzioni di Bergamo quando è scoppiata la pandemia. «Oltre alle ferite che ciascuno di noi si porta dentro per tutti i lutti crudeli, improvvisi che abbiamo subito – osserva – quel che resta di quella tragedia sono le tante cose buone che abbiamo vissuto:
sono i tantissimi giovani che si sono dati da fare in quel periodo tragico e una buona politica che si è attivata in modo coeso mettendo al centro il bene comune.
Al di là delle appartenenze partitiche, c’è stato un movimento di bene sorprendente che tutti abbiamo potuto sperimentare». Da lì bisogna ripartire, dice, per riprendere il cammino compiuto grazie «ai legami agili e trasversali che abbiamo costruito con tanti soggetti sul territorio», dalla Confartigianato e Confindustria a Confcooperative, da Acli a Coldiretti. La sfida è quella di «servire la vita dove la vita accade». Perché «per stare al passo con i tempi – chiosa – dobbiamo stare dentro le strutture e le dinamiche sociali dove le novità prendono forma e dove si possono decidere e direzionare delle risposte: che si parli di precarietà o di difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro, di ingiustizie o stili di vita, di emergenza abitativa o modelli di consumismo, in gioco c’è il ruolo che ciascuno di noi può giocare nel costruire il bene comune, nel costruire su questa terra il Vangelo e il bene di tutti, la vita buona di tutti. Essere sale e lievito per noi vuol dire questo».
(di Manuela Borraccino – foto gentilmente concesse da don Cristiano Re)