Arianna Ciampoli e la fede: quel filo misterioso…
Il volto gentile e luminoso, l’eleganza del tratto e la spontaneità la rendono un personaggio molto amato dal pubblico della Tv e della radio. La conduttrice (e autrice) pescarese ci racconta del suo rapporto con la fede, profondamente segnato dalla ricerca e dalla sofferenza ma attraversato da un filo misterioso che l’ha portata tante volte a raccontare “l’invisibile”, dai tempi di Giovanni Paolo II fino a quelli di Papa Francesco.“Un essere fondato sulle parole” si definisce Arianna Ciampoli e in effetti quando ha un microfono davanti è un fiume in piena. Di solito, però, è lei a fare le domande e a raccontare quello che succede. Stavolta, invece, in un tiepido pomeriggio romano, ci apre le porte della sua casa e accetta di raccontarci del suo rapporto con Dio e con la fede, che dagli anni dell’adolescenza continua ad intrecciarsi con la sua vita in modo misterioso e bellissimo.
All’inizio fu il MEG
“La fede nella mia vita entra alle scuole medie, quando arrivò la proposta di far parte del Movimento Eucaristico Giovanile dei Gesuiti. Io e la mia carissima amica Valeria decidemmo di accettare quell’invito e di iniziare un’avventura che ci fece misurare con una proposta intelligente e libera. Il momento di scambio e condivisione che ci veniva richiesto presupponeva un tempo di ascolto personale, di noi stessi, e ci insegnava, poi, ad ascoltare con attenzione gli altri. Questo fu possibile grazie all’incontro con dei sacerdoti illuminati, come don Franco Beneduce (gesuita, oggi vescovo ausiliare di Napoli, ndr) una persona brillante e capace di ironia, esigente al momento opportuno ma anche accogliente. Gli devo tantissimo, in un certo senso anche una mia forma mentis. Ricordo di essere stata responsabile, al MEG, di un gruppo di bambini più piccoli, delle elementari, e quell’impegno mi spinse a mettere in pratica il concetto di responsabilità prima ancora di comprenderlo a pieno. Di quell’esperienza ricordo i bellissimi canti, le forti emozioni, una grande libertà: la porta era aperta a tutti, indipendentemente dall’estrazione sociale o dalle posizioni politiche”.
Gli “esercizi” e il silenzio
“Gli esercizi spirituali fatti con lo stile di Sant’Ignazio, con una settimana di vero silenzio, sono un’altra delle esperienze che mi porto dentro, di quel periodo. Un periodo che è proseguito fino ai miei vent’anni, quando continuavo ad accompagnare come responsabile dei ragazzi liceali. Gli esercizi mi hanno insegnato a scoprire la dimensione del silenzio, nonostante l’iniziale terrore di fronte a quella sfida. Ho imparato che esiste un silenzio corposo, che non è vuoto e non fa paura; un silenzio che diventa ascolto, se si supera la tentazione di riempire sempre, sistematicamente, qualunque vuoto”.
Don Bruno e Santa Caterina
“Se penso a Pescara, dove sono cresciuta, c’è una chiesa che ho sentito davvero come il nostro luogo, mio e degli amici del MEG: la parrocchia di Santa Caterina e il suo parroco, don Bruno (don Bruno Cassini, che è mancato nel 2008, ndr). A tal punto che anche quando nel 2005 è nata mia figlia Angelica, qui a Roma, l’abbiamo voluta battezzare in quella chiesa. Don Bruno era un uomo accogliente e sempre disponibile, pacato nella voce e nei modi ma sempre pronto alla compagnia e all’allegria. Casa sua era sempre aperta per noi, come le sale della parrocchia; soldi per riscaldarla, d’inverno, ce n’erano pochi ma suppliva il calore della nostra presenza, delle nostre feste. Ricordo che, quando avanzava qualcosa da quegli incontri, bussavamo a don Bruno e lo portavamo a lui…
Il dolore più grande
“Santa Caterina ha ospitato battesimi, cresime, comunioni, ma anche funerali. Tra questi ce n’è stato uno, quello di mio fratello, di cui ancora – a ventidue anni di distanza – fatico a farmi una ragione. Ho imparato, di fronte a un certo tipo di dolore, che potevo spingermi fino al ciglio di quel burrone, non oltre. Ma ho imparato anche che il tempo, anche se non volevo crederci, può lenire un poco anche questo. Ho constatato che, miracolosamente, potevo ricominciare a vivere, a lavorare, perfino a sorridere o a ridere, anche se pensando a lui continuo a sentirmi una sopravvissuta e ad avvertire in modo incolmabile la mancanza della sua presenza fisica. La salvezza mia e della mia famiglia, in quel periodo, fu la presenza incredibilmente affettuosa, numerosa e calda dei miei amici, che per un mese riempirono la nostra casa e anche dopo hanno continuato a stare vicino a mia madre e ai miei. Io ho ricominciato ad andare in onda, a truccare il volto, e qualche volta mi sento ancora simile ad un clown, nel senso che ci ha insegnato Heinrich Böll (faccio collezione di attimi)”.
Una mamma “italiana”
“La nascita di mia figlia Angelica avvenne all’indomani del funerale di Giovanni Paolo II, a poche centinaia di metri da quella piazza (all’ospedale Santo Spirito) e vi lascio immaginare cosa poté accadere anche solo per arrivare lì, con tutti i Capi di Stato della terra radunati a due passi. Faccio fatica a trovare le parole per descrivere cosa rappresenti mia figlia per me: è il mio tutto. È l’unica persona con cui sono riuscita ad essere sempre puntuale, nonostante io sia una ritardataria cronica. Ancora oggi mi preoccupo che faccia colazione, pranzo, cena… e perfino merenda, al punto che nel suo gergo romano è arrivata a dirmi «a ma’, fatte ‘na vita!» (ride, ndr). Oggi sperimento la gioia di vederla diventare sé stessa, ogni giorno, in modo meraviglioso, dopo essere usciti dal tunnel di una adolescenza vera, senza sconti”.
Quel filo invisibile
“C’è un filo misterioso che attraversa una parte del mio percorso professionale e di vita: da Eurhope, nel 1995, l’incontro di centinaia di migliaia di giovani europei con Giovanni Paolo II a Loreto, che presentai con Massimo Giletti, fino ai concerti di Natale o dell’Epifania anche di quest’anno, o a tutti i programmi che ho fatto con Tv2000. Per un evento del Meg, qualche anno fa, ho incontrato nell’aula Nervi anche Papa Francesco, che sento tanto il mio Papa, oltre che nostro e di tutti. Uno dei miei più cari amici, da lungo tempo, non smette di ripetermelo: «Tu cerchi di scappare ma tanto poi ti riacchiappano sempre! Ciampoli, dove vuoi andare?». E mi sa tanto che ha ragione lui…”
(intervista di Stefano Proietti – foto, riprese e editing del video di Cristian Gennari)
CHI È ARIANNA CIAMPOLI
Pescarese d’origine, romana d’adozione, Arianna Ciampoli inizia a lavorare per le radio private della sua città di nascita a metà degli anni Ottanta, appena quindicenne. Ben presto approda prima a Telemontecarlo e poi alla Rai, con La Banda dello Zecchino. Il 9 settembre 1995, nell’ambito della manifestazione EurHope svoltasi a Loreto, conduce, in coppia con Massimo Giletti, la diretta dell’incontro di papa Giovanni Paolo II con decine di migliaia di giovani europei. Dal 1997 al 1999 conduce le prime due edizioni di A Sua immagine. Il 2 maggio 1999 è coinvolta anche nel racconto della Beatificazione di Padre Pio. Solletico, La vita in diretta, Cominciamo bene, Quelle brave ragazze e per 17 anni consecutivi la maratona tv di Telethon, sono altri programmi Rai che la vedono tra i protagonisti ma dal 2005 approda anche a Sat 2000 (oggi Tv 2000), dove negli anni passa da 1X1 a Formato famiglia, da Romanzo famigliare a Revolution, da Questa è vita a I Magnifici Sette, di cui è stata autrice. La scorsa Vigilia di Natale è stata la padrona di casa della ventesima edizione dell’evento Nella memoria di Giovanni Paolo II. Il 6 gennaio ha condotto, per il quinto anno consecutivo, il Concerto dell’Epifania.