Anche al quartiere Tamburi soffia il vento della speranza
Prima viceparroco a San Francesco de Geronimo e dal 2021 parroco nella chiesa dei Santi Angeli Custodi, don Alessandro Argentiero è il regista di un'azione pastorale che mira alla vicinanza e all'accoglienza. In questa parte della periferia di Taranto, segnata da difficoltà sociali e ambientali profonde, il lavoro con i bambini sta riavvicinando alla vita comunitaria anche le loro famiglie.
Quando si attraversa la Puglia, si capisce subito che si sta per arrivare al quartiere Tamburi di Taranto: il rosso domina il paesaggio. Ma non è il colore del tramonto, né di una pianta particolare. È il rosso delle polveri sottili che si sollevano dalla lavorazione dell’acciaio del più grande complesso siderurgico d’Europa e che nel tempo si sono sedimentate su strade e case.
Ma il quartiere Tamburi non è solo inquinamento. È anche preziosa umanità. “C’è gente perbene che fa sacrifici e, nonostante i loro problemi, non li ho mai visti arrabbiati. Anzi, sono spesso loro a dare coraggio a me. Cercano sempre di risollevarti” – racconta don Alessandro Argentiero.
Da dodici anni è presenza costante nella zona: prima come viceparroco nella parrocchia San Francesco de Geronimo e dal 2021 come parroco nella chiesa dei Santi Angeli Custodi.
Dai primi anni del 2000, il quartiere ha perso circa 10mila abitanti, fuggiti a causa dell’inquinamento, delle tossine, dei fumi. Chi è rimasto fa i conti con disoccupazione, malattie respiratorie, precarietà. Il valore delle case è crollato: oggi la media è di 697 euro al metro quadro. “Molti padri e madri sono in cassa integrazione – racconta il sacerdote –, non possono permettersi di trasferirsi né di portare i figli altrove. Chi resta si ritrova in una zona priva di servizi, senza spazi di aggregazione. La scuola e la parrocchia sono rimasti gli unici luoghi di incontro. La gente mi dice che il quartiere è sulla bocca di tutti ma nel cuore di pochi, perché, al di là dei proclami, manca ancora un piano d’intervento efficace”.
Calcio e danza
Da questa consapevolezza è nata una pastorale di presenza e accoglienza. Si è partiti con il centro di ascolto nato durante la pandemia, che pian piano è diventato un importante punto di riferimento. Le persone hanno iniziato a recarsi in parrocchia non solo per la distribuzione dei viveri, ma anche per ricevere consigli, indicazioni e chiedere come fare per risolvere questioni burocratiche. La ragione principale di questa fiducia sta nel fatto che qui non si sentono giudicate, aldilà di quale sia il proprio vissuto, sanno che c’è qualcuno disposto a offrire aiuto.
Oggi la scuola calcio permette ai bambini di incontrarsi e alle famiglie di intrecciare relazioni. Il grande salone parrocchiale, ristrutturato con i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ospita molte attività, tra cui una scuola di danza frequentata da 70 bambine. “La gente del quartiere ci ha chiesto qualcosa anche per le ragazzine – riprende don Alessandro –. Così è nata la scuola di ballo. Alcune non frequentano la parrocchia, non hanno vita sacramentale, ma noi accogliamo prima di tutto la persona, senza etichette. Vogliamo loro bene lo stesso. Questa non è la mia parrocchia, è di tutti. Si parte dall’accoglienza e pian piano la famiglia si allarga”.
Dai bambini alle famiglie
In questi anni si è passati da 30 a 200 bambini iscritti al catechismo, con una popolazione parrocchiale di 4000 abitanti. Con i bambini, anche le famiglie si sono riavvicinate. Come quella di Luigi, operaio e padre di tre figli: “Don Alessandro ha seminato qualcosa che mancava da anni. La parrocchia è diventata un’alternativa all’isolamento sociale causato dai cellulari. A casa, mia moglie ed io parliamo con i nostri figli di quello che vivono lì: uscite, incontri, momenti di preghiera…”.
Anche Michela, sua moglie, racconta con entusiasmo: “Don Alessandro non è solo un pastore, è un padre, un fratello maggiore per i nostri figli. Vanno in parrocchia volentieri, si divertono. C’è un clima sereno, gioioso. Le attività parrocchiali mostrano il buon cuore di tante persone, spazzano via i pregiudizi che gravano sul nostro quartiere. Quando entriamo in chiesa, ci sentiamo a casa”.
Il futuro si costruisce giorno per giorno. Il vecchio centro sportivo, troppo vicino all’area mineraria, è stato demolito. Ora il sogno della parrocchia è un nuovo centro polivalente: un luogo sicuro per i giovani, una casa per tutti, dove ritrovare dignità e speranza. Un quartiere che vuole ancora risollevarsi, grazie all’impegno costante e gioioso della sua gente.
(di Giacomo Capodivento)