15 Luglio 2024

Quel ‘nardo’ che cuce insieme bellezza e solidarietà

Le abili mani di Marina, lo sguardo profetico di don Simone e l'occasione giusta per mettersi alla prova. Così è nato, ad Asti, l'Atelier Nardos, che produce pregiatissimi indumenti liturgici e ridona dignità e speranza alle persone più fragili. Perché la cultura dello scarto non si combatte solo a parole, ma facendo veri "fatti di Vangelo", come li definirebbe Luigi Accattoli.

“Papa Francesco ha spesso parlato della cultura dello scarto, che oltre a disfarsi troppo in fretta delle cose, butta via senza scrupoli anche le persone. Qui invece noi facciamo il contrario, coinvolgendo donne e uomini che, se pure non saranno abilissimi, concorrono comunque nel creare qualcosa di bello”. Con queste parole don Simone Unere, rettore del Santuario della Beata Vergine del Portone di Asti, spiega la filosofia di Atelier Nardos, progetto di sartoria solidale, avviato nella primavera 2024.
“L’idea è maturata con il tempo – ricorda don Simone – iniziando già nel  2022, quando ero stato incaricato dell’organizzazione della celebrazione della messa di Papa Francesco qui ad Asti e avevo proposto che il Pontefice indossasse, per la liturgia, un piviale cucito da noi, come poi è avvenuto”.
“Successivamente – prosegue il sacerdote, nato nel 1974 – la Fondazione della Cassa di Risparmio di Torino ha indetto un bando, a cui abbiamo partecipato. Prevedeva un progetto di ristrutturazione, grazie al quale abbiamo rimodernato i locali di competenza del Santuario e un progetto sociale”.

Una proposta, quest’ultima, che don Simone ha elaborato insieme a chi ogni giorno sta al fianco delle persone più in difficoltà. “Ne ho parlato con il direttore della Caritas diocesana – prosegue il rettore – ed è stato subito d’accordo. Il fatto che già ci fosse stato un pensiero e soprattutto un’identità ha reso tutto più semplice. Abbiamo voluto unire la ricerca della bellezza negli abiti liturgici con quella che il Concilio Vaticano II chiamava nobile semplicità, ovvero la possibilità che quelle stesse attrezzature e locali potessero essere utilizzati, in alcuni momenti, per dei laboratori destinati a persone che hanno delle fragilità”.
Con questa visione è nato l’Atelier che ha un nome particolare. “Nardos – spiega il sacerdote – è una parola greca  che indica il nardo, una pianta da cui si estrae un’essenza particolarmente preziosa, che nel Vangelo viene usata dalla sorella di Lazzaro per ungere i piedi di Gesù a Betania. In quella circostanza Giuda Iscariota aveva esclamato: “Che spreco!”, proponendo di vendere l’essenza per ricavarne denaro da dare ai poveri”.

Dal marzo 2024 l’Atelier, cofinanziato con i contributi dell’8xmille, confeziona vesti e paramenti liturgici. Accanto a questa attività sono cominciati i laboratori sociali, rivolti a persone con situazioni di fragilità, tra quelle seguite dalla Caritas. “Grazie all’aiuto di alcuni volontari – dice don Simone – è partito quello sulla tessitura, il Telaio di Ouafa (dal nome della prima donna che vi ha preso parte) nato con il Progetto Lavoro della Diocesi di Asti”. Da qualche mese l’Atelier è la seconda casa della sarta Marina Bergantin. “Ho imparato a cucire da bambina – racconta l’artigiana, che nel 2022 confezionò il piviale per Papa Francesco – ho imparato da mia mamma e da mia nonna”. L’avvicinamento alla sartoria liturgica però è stato recente. “Prima confezionavo abiti per me e per la mia famiglia – ricorda la donna – quando don Simone era parroco a Viatosto (un borgo di Asti n.d.R), mio figlio frequentava il catechismo e io preparavo i costumi per le recite in parrocchia. Vedendo quello che facevo mi chiese di confezionargli una casula. Prima gli chiesi cosa fosse e mi sono messa a confezionarla. Mi disse di non preoccuparmi perché era solo una prova… ma in realtà la indossa ancora”.

A Marina, che lavora a Nardos dal marzo 2024 si sono aperte prospettive inaspettate. “Ho scoperto che è una cosa che mi piace tantissimo – spiega Marina – mi aiuta anche a distrarmi dai problemi di tutti i giorni. E in più mi ha aiutato a sentirmi più sicura nelle cose che faccio”. Un lavoro creativo che richiede tempo, attenzione e cura. “Per disegnare ci vogliono un paio d’ore – dice la sarta – per confezionare invece dipende dal tipo di paramento e dalla decorazione”. Marina non vede l’ora di poter iniziare anche con i laboratori sociali. “A me piacerebbe aiutare gli altri – conclude la donna – mi piacerebbe insegnare quello che so fare, ma soprattutto vorrei stare in loro compagnia e parlarci. Sicuramente con le loro storie potrebbero insegnarmi molto”.

Per il futuro l’Atelier ha in cantiere altri progetti. “Sono tutti da concretizzare – termina don Simone Unere – ma ci piacerebbe fare un laboratorio sociale di cucito generale, uno sul ricamo e uno sulla maglieria”. Tante idee affinché la persona non sia più uno scarto, ma possa avere l’occasione di realizzare qualcosa di bello.

(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Simone Unere)

15 Luglio 2024
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