Viareggio: accoglienza, una fattoria e un grande sogno
Un occhio di riguardo per le persone diversamente abili, una donazione inaspettata letta come un segno della Provvidenza: così è nata una casa famiglia che dà serenità e speranza a tante persone. Succede a Viareggio, nella parrocchia di Santa Rita, grazie a una comunità solidale e a un parroco coraggioso. E in pentola bolle qualcosa di ancora più bello...“Devo ringraziare la Provvidenza, perché quando abbiamo cominciato mai avrei pensato che avremmo costruito tutto questo”. Don Luigi Pellegrini, 58 anni, dal 2000 a capo della parrocchia di Santa Rita a Viareggio (LU), parla con meraviglia di quanto lui e i fedeli della comunità hanno creato, a partire dalla Casa Famiglia, intitolata a Papa Giovanni Paolo II. “Ventitré anni fa – ricorda il sacerdote, coordinatore dei parroci del comune della Versilia – abbiamo iniziato un’esperienza come oratorio dell’Associazione Nazionale San Paolo Italia, di cui sono Assistente spirituale. L’idea era quella di una parrocchia sempre aperta, dalle 7 alle 19, con momenti liturgici e proposte per le varie fasce d’età, fino agli anziani”. “Tra queste iniziative – aggiunge don Luigi – c’era anche il gruppo Amici Insieme in cui erano coinvolte persone diversamente abili. Le loro attività, come tutte quelle dell’oratorio, erano gestite da volontari e si sostentavano grazie alle offerte”.
In questo contesto nasce un’altra idea. “Alcuni genitori mi avevano chiesto di fare qualcosa per il dopo di noi, cioè per quando loro non ci sarebbero più stati – prosegue don Pellegrini -; inizialmente io ero titubante, era un compito molto impegnativo e c’era l’incognita di cosa sarebbe accaduto nel caso di un cambio di parroco. Qui si trattava della vita delle persone. Rimandai più che potei – ricorda ancora il sacerdote – ma poi, 18 anni fa, mi trovai a parlare dall’altare di questo progetto e vidi un grande entusiasmo. Poco dopo, infatti, mi chiamò una signora di 98 anni e disse che, non avendo eredi, avrebbe donato una casa nel centro di Viareggio per amore della Chiesa. Volle che io fossi il garante di questo passaggio e pose come unica condizione di ricordare il marito scomparso”.
Con il supporto del vescovo, l’avventura è partita così. “Abbiamo scelto di creare una fondazione, slegata dalla parrocchia – racconta ancora don Luigi – e abbiamo voluto la massima trasparenza ottenendo il riconoscimento della Prefettura, e accendendo un mutuo per i lavori di ristrutturazione. Il 4 marzo 2014, dieci anni fa, la struttura è stata inaugurata“.
“La Casa Famiglia – prosegue il sacerdote – si sostiene unicamente con offerte e suffragi, è gestita completamente da volontari e da una suora, arrivata recentemente.
Accoglie in forma residenziale sei persone con disabilità, più le altre che frequentano il centro diurno”.
Dal 2019 la Casa Famiglia gestisce anche un campo in via della Fontanella, a Viareggio. “Inizialmente la nostra idea era di creare un pollaio – spiega con un filo d’ironia don Luigi – ora abbiamo praticamente un zoo, con cigni, alpaca e con una cinquantina di animali di grossa taglia”.
Un’esperienza, quella della Casa Famiglia, che ha cambiato non solo la vita dei ragazzi accolti, ma anche quella del sacerdote toscano.
“Mi ha insegnato a essere aperto pur senza avere una progettualità – riflette don Pellegrini – e mi ha insegnato ancora di più a mettermi al servizio degli altri. Ad esempio quando c’era il Covid mi sono ritrovato a pulire e a curare gli animali, cose che non avevo mai pensato di fare prima”.
Far andare avanti la casa famiglia, come il campo e la fattoria didattica, sarebbe impossibile senza l’apporto dei volontari.
“Sono soprattutto pensionati, ma non solo – afferma don Luigi -. Mi hanno insegnato cose che non sapevo e mi hanno dato spunti. Queste attività tutta la comunità le sente come proprie: siamo corresponsabili e ognuno fa la propria parte”.
Tra chi si impegna ogni settimana c’è Gabriella, 68 anni.
“Gesù ci insegna che bisogna amare il prossimo come noi stessi – spiega la donna – e questo mi ha portato a desiderare di aiutare le altre persone. Già facevo volontariato in parrocchia e la Casa Famiglia è stata un’occasione che si è presentata, quando è stata donata la struttura”. Un impegno che per la donna dura da ormai un decennio.
“La prima volta che sono venuta – ricorda Gabriella – avevano appena finito i lavori. Da allora io e un gruppo di altre 5-6 donne, a cui se ne aggiungono altre nel caso si debbano fare lavoro più pesanti, veniamo due volte a settimana. Ci occupiamo di pulire la casa, lavare gli indumenti degli ospiti, fare il cambio di stagione, quando serve. Cerchiamo di fare questi lavori come se fosse casa nostra e di trattare i ragazzi come se fossero figli nostri”.
Da quattro anni a dare un mano nella Casa Famiglia c’è anche il marito di Gabriella. “Ci aiuta con le pulizie – dice ancora la donna – e quando qualcosa si rompe ci aiuta ad aggiustarla”.
Un percorso in cui Gabriella ha costruito dei legami con gli ospiti della struttura.
“Un po’ come con i figli – spiega la 68enne – si cerca di far capire loro quando sbagliano. Con alcuni il rapporto è cresciuto ed è diventato di grande affetto”.
Un’esperienza che a Gabriella ha dato tanto, sotto molti aspetti. “Non saprei descrivere a parole cosa mi ha trasmesso – dice –: ho avuto tante soddisfazioni e tanto appagamento. Quando sono tornata dopo un grave problema di salute avevo paura di spaventare i ragazzi per il mio aspetto, ma non è stato così”.
La Casa Famiglia non è l’ultimo progetto della parrocchia di Santa Rita.
“Abbiamo acquistato all’asta un capannone che stiamo ristrutturando con l’aiuto delle donazioni – conclude don Luigi Pellegrini -. Vorremmo trasformarlo in un luogo dove poter svolgere alcune attività“. Un nuovo sogno che può diventare realtà: un altro tassello di un mosaico in cui l’accoglienza degli altri è al primo posto.
(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Luigi Pellegrini)