L’amore di una comunità che ridona libertà
A Salerno don Rosario Petrone è il parroco di una comunità, quella di San Demetrio, aperta ai detenuti che possono scontare il fine pena con misure alternative al carcere. Alcuni di loro, donne e uomini, sono impegnati nella pulizia della chiesa, nel taglio dell’erba del giardino o nel servizio per i senza fissa dimora.Aprirsi al carcere può sembrare un gioco di parole, un ossimoro, ma per don Rosario Petrone da anni è una missione consolidata che parte da un evento di qualche anno fa. “Un detenuto venne a sfogarsi con me: ‘non voglio tornare alla vita di prima, entrare nel giro e rischiare ancora la galera, aiutatemi’ ”. Il prete, cappellano al penitenziario salernitano di Fuorni, dopo l’incontro con il carcerato va in crisi: come faccio a dargli una mano, oltre che a pregare per lui? Parroco in quel periodo a via Brignano, in una zona collinare di Salerno, don Rosario ha un’illuminazione: ristrutturare la casa parrocchiale che usava per gli incontri e dare un tetto a chi gli chiedeva aiuto. Chiesto il parere al suo superiore di allora, monsignor Luigi Moretti, oggi arcivescovo emerito di Salerno-Campagna-Acerno, riceve subito piena disponibilità e un sostegno per risanare l’immobile.
Il sacerdote, ora cinquantenne, oggi come allora continua ad aiutare i detenuti a fine pena in un percorso che li riconcilia alla vita, e lo fa nella nuova parrocchia. “La chiesa di San Demetrio è al centro di Salerno, a due passi dalla stazione, sulla strada per il tribunale”, spiega don Rosario ricevendo i fedeli in sacrestia. Siamo in una zona nata a fine anni Sessanta. Professionisti, avvocati e magistrati partecipano alle attività parrocchiali e le persone del quartiere, circa settemila, non mancano di essere coinvolte nella vita della comunità. “Tanti sono gli anziani, ma negli ultimi anni stanno aumentando matrimoni e battesimi”, afferma.
Gli scout, i gruppi di preghiera e il coro, ma anche la mensa, dove la domenica vengono distribuiti i pasti, sono parte della vita di San Demetrio.
Arrivato tre anni fa in questa parrocchia, don Rosario fonda e dirige l’associazione “Migranti senza frontiere”. Inizialmente le attività si rivolgono ai migranti – siamo nel periodo degli sbarchi del 2009 – poi, accettando l’invito di monsignor Moretti, si dedica ai detenuti. Nasce un percorso diretto a chi può scontare misure alternative a fine pena. Grazie alla collaborazione con la pastorale penitenziaria di cui è responsabile regionale, alla diocesi di Salerno-Campagna-Acerno, alla pastorale carceraria diocesana e alla Caritas, parte il progetto per accogliere i detenuti.
“Quel giovane africano con cui avviammo l’esperienza ci chiese il battesimo e fu lo stesso vescovo Moretti a battezzarlo”, ricorda don Rosario, evidenziando quel percorso fruttuoso. “Ogni volta che fate visita a un mio fratello più piccolo, fate visita a Me… dice il Signore. È la frase che mi guida ogni giorno”, confessa il sacerdote che, in collaborazione con i viceparroci don Antonio Manganella e padre Franco Manganelli, propone un percorso di integrazione per chi ha sbagliato e vuole rimediare.
Ed è proprio dal tema dell’accoglienza, proposto nel periodo del Giubileo della Misericordia del 2016, nasce la Casa “70 volte 7”, una dimora che permette ai detenuti di usufruire di permessi premio. Accanto ad essa, un’altra struttura, la Domus Misericordiae, è dedicata alle misure alternative residenziali con accoglienza a lungo termine. Entrambe sono parte di un cammino che coinvolge la comunità.
L’assistenza medica, psicologica, materiale e spirituale della parrocchia ha aiutato centinaia di persone fino ad oggi.
“In via Brignano abbiamo aperto un laboratorio di ceramica: vasi, bomboniere e piccole acquasantiere sono il frutto del lavoro dei nostri amici detenuti. Ultimamente abbiamo realizzato anche le corone del Rosario, un lavoro sostenuto dal nostro arcivescovo Andrea Bellandi”, racconta don Rosario.
I detenuti sono presenti anche a San Demetrio. Alcuni di loro, donne e uomini, sono impegnati nella pulizia della chiesa, nel taglio dell’erba del giardino o nel servizio per i senza fissa dimora. “La domenica distribuiscono i pasti alla mensa parrocchiale, un programma concesso ai detenuti dal tribunale di Salerno e dall’Uepe, l’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna, realtà del dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità”. Lo spiega Oriana De Vivo, 36 anni, volontaria della parrocchia, raccontando un’avventura che le ha cambiato la vita. È già attiva nelle iniziative della comunità di via Brignano, quando sente che la sua vita può diventare un dono per il Signore. Dopo un cammino spirituale, si consacra nell’Ordo virginum, l’“ordine delle vergini”, donne che scelgono di donare la loro vita a Dio. “Svolgo il mio impegno nel carcere, mettendo al centro il detenuto, che per me è un fratello, mai il reato”, racconta la donna. Segue i progetti dell’associazione Migranti senza frontiere alla Casa “70 volte 7”, alla Domus Misericordiae e nelle tante attività di San Demetrio.
Oriana è impegnata nel carcere di Salerno con le persone che scelgono le pene alternative alla detenzione, un impegno che coinvolge i familiari dei reclusi e gli ultimi della parrocchia. “Celebrare la Pasqua o il Natale con familiari e amici è un’opportunità importante per chi deve scontare la propria pena” afferma, ribadendo come la misura alternativa sia realmente utile al recupero della persona. Lo testimonia ad esempio il caso di Lucia (nome di fantasia), la quale dopo le disavventure con i clan della malavita e il carcere a Caserta, sta ora compiendo un cammino di recupero a San Demetrio. Oggi segue un corso per lavorare come Operatrice socio-assistenziale (Osa) in ospedale. Il perdono, parte importante del percorso, ha permesso alla donna di riconciliarsi con il suo passato: una conquista importante per un cammino di pace che deve partire da sé stessi.
(testo e foto di Nicola Nicoletti)