Sulle tracce della fede, per sentieri di montagna
Don Paolo Papone, parroco di due comunità valdostane alle pendici del Cervino, ci racconta la sua esperienza pastorale in quota, dove ci si misura con il sovraffollamento di alcuni periodi dell'anno e con la solitudine di altri; il tutto sempre in un contesto ambientale di una bellezza assoluta, che per chi sa leggerla già di per sé parla di Dio.La fede anche in alta quota. Specie d’inverno, durante la stagione sciistica, paesi e piccole cittadine di montagna sono prese d’assalto dai turisti e da coloro che vanno a sciare e si svuotano con l’arrivo della primavera, per ripopolarsi durante la canicola estiva e ridimensionarsi d’autunno. Un problema che vive il comune valdostano di Valtournenche, alle pendici del Cervino, e soprattutto la sua frazione principale, Breuil-Cervinia, entrambe guidate da un solo parroco, don Paolo Papone. È lui che guida la parrocchia Maria Regina Vallis Augustanae di Breuil-Cervinia e quella di Sant’Antonio Abate di Valtournenche, con più di 25 cappelle che si trovano sui pendii del monte.
“I flussi turistici e anche il numero diverso di abitanti pone le due parrocchie in due contesti diversi: Cervinia si riempie durante la stagione invernale, mentre si svuota allo scioglimento delle nevi; a luglio e agosto torna la gente, per sparire di nuovo a ottobre. Discorso diverso, invece, per Valtournenche, che ha una vita sociale più regolare durante tutto l’anno” – racconta don Paolo, che è anche guida alpina onoraria della Società Guide del Cervino. “Spesso – prosegue – celebro in quota: sono tante le cappelle in quota, molte delle quali con un valore storico e di tradizione ben definito. Quando succede la messa assume sempre un altro valore, un’altra prospettiva”.
Tra Cervinia e Valtournenche
Essere un prete di montagna non è semplice. “I due paesi hanno radici storiche e religiose diverse e quindi anche problemi differenti. Cervinia vive principalmente per il periodo invernale: c’è talmente tanta gente che coloro che vi abitano sono costantemente sotto pressione. Tra maggio e giugno, invece, diventa deserta e in giro al massimo si vedono squadre di manutentori, rivede le folle a luglio e agosto, per poi tornare a svuotarsi (quasi) a ottobre. Questo rende chiaramente la vita parrocchiale molto difficile, mentre a Valtournenche la popolazione è più regolare durante tutto l’anno” – sottolinea don Paolo. La comunità però è estremamente unita “e lo si vede soprattutto durante eventi simbolici importanti, come i funerali”.
E i turisti?
“Ci sono coloro che non sono interessati e coloro che “trattano” la chiesa come un santuario. Questo significa che sono ben disposti dal punto di vista spirituale: alcune delle confessioni più belle che io ricordi le ho fatte a Cervinia, perché i turisti sono sollecitati a fare il punto sulla loro vita e a ritrovare il rapporto con Dio proprio dall’ambiente speciale della montagna”.
In un contesto non sempre frequentato in modo regolare, “il catechismo è la nostra attività più strutturata. In questo modo, poi, cerchiamo anche di fare un catechismo dei grandi, visto che gli adulti sovente rimangono all’idea di religione legata al loro catechismo di bambini”- evidenzia Don Paolo.
Un modo anche per rafforzare la fede, visto che “noto come tra tanti di noi si stia un po’ perdendo il senso della fede” aggiunge Graziella Carrozza, catechista di Valtournenche che dirige anche la cantoria. Lo stesso racconta anche una sua collega, Ketty Poletto che sottolinea un problema classico dei paesi di montagna: “Ormai i bambini sono sempre meno, molte persone lasciano la montagna per trasferirsi in altre città”. Come evidenziano le due catechiste, la parrocchia organizza anche attività per gli altri fedeli, come l’animazione della messa e il centro per gli anziani.
Le messe in alta quota
In un contesto come quello di Valtournenche, non può non essere importante anche la montagna. Don Paolo è un appassionato e da anni organizza messe in alta quota, soprattutto durante la bella stagione. “La bellezza della montagna è che spesso ti sposti di pochi metri e passi dall’essere in mezzo a una folla a essere solo. Celebrare in quota vuol dire riunire una comunità che si aggrega dopo la fatica della salita ed è qualcosa che ti unisce” – sottolinea il parroco di Valtournenche. I punti dove si celebra la messa sono quelli classici: “Da anni ormai andiamo tutte le estati in alcuni punti noti, come il tempio alpino di Clavalité, la diga di Cignana, il rifugio alpino Perucca-Vuillermoz, la cappella di La Salette, e anche sulla vetta della Gran Sometta. C’è stata poi anche un’occasione storica: in occasione dei 150 anni della conquista del Cervino, abbiamo celebrato anche sulla vetta della montagna”- sottolinea don Paolo.
Ma cosa significa celebrare in montagna? “Salire in quota, faticando, ti fa entrare in contatto con l’Assoluto in modo istintivo, non mediato. E celebrare messa, intermediare, diventa più naturale in un posto così. La catechesi diventa integrale”.
(di Lucio Palmisano – foto gentilmente concesse da don Paolo Papone)