Dalla Romagna alla Sicilia, disabilità, sacerdoti e storie di accoglienza
Nel 2016 l’Italia si è dotata della prima legge a tutela dei cittadini con disabilità grave, privi di sostegno parentale. Da allora sempre più parroci, raggiunti dalle nostre Offerte, hanno dato vita per tanti ad alloggi, piani di inclusione e di lavoro. Due testimonianze da Imola e da Pachino.Come tanti petali di uno stesso fiore che diffonde il delicato profumo dell’accoglienza. È l’immagine che racconta meglio la Fondazione diocesana Santa Caterina di Imola (Bologna), nata come Istituto degli Artigianelli nel 1915, fondato da don Angelo Bughetti, parroco imolese dichiarato Servo di Dio, che insegnò un mestiere nelle officine agli orfani della Grande Guerra.
La Fondazione oggi cerca di rispondere ai nuovi bisogni, anche di chi rischia di restare solo, come i disabili adulti. Una grande corte, su cui si affacciano realtà differenti tra loro ma tutte nel segno della solidarietà e della dignità restituita: ci sono scuole, l’oratorio, lo studentato universitario, la mensa, la comunità residenziale per adolescenti in difficoltà e, appunto, gli spazi del Dopo di noi dedicati a chi ha come unico, grande pensiero il futuro di un figlio disabile.
Il condominio è composto da 7 appartamenti, inaugurati nel 2014. Accolgono circa 20 persone con disabilità. E nello stesso condominio, luminoso e accessibile, c’è anche il ‘Gruppo Appartamento’: ci vivono altri 6 ragazzi ed un educatore, e all’interno almeno un posto è riservato al “sollievo” per qualche giorno dei caregivers, i familiari che si prendono cura dei loro cari.
“Il nostro Dopo di noi è parte viva del grande villaggio che è la Fondazione, composta da una cinquantina di dipendenti motivati e vicini ai fratelli – spiega don Massimo Martelli, che ne è assistente spirituale, oltre che parroco delle comunità piccole e millenarie di Casola Canina e Ortodonico, nelle campagne del Bolognese, a cavallo dell’autostrada – Una nostra educatrice è entrata nell’ordine delle Benedettine, all’Isola di San Giulio, sul lago d’Orta, nel Novarese. Questa è una sfida nella sfida: vedere se in questo contesto speciale nascono anche vocazioni”.
E poi c’è la Serra San Giuseppe, dove oggi alcuni disabili lavorano, tra giovani piante e la coltivazione degli ortaggi. Il progetto, avviato dalla Caritas imolese nell’aprile 2015, è stato finanziato per 3 anni al 90% dalla Cei con le firme 8xmille. “Ci piace alimentare progetti che diano respiro alle persone– spiega il direttore Luca Gabbi – e possibilità di riscatto con le proprie forze, secondo quel che ciascuno riesce a dare. Reciprocità: questa è dottrina sociale della Chiesa ed è sinonimo di dignità. Una visione che deve entrare sempre più nel futuro della Chiesa, oggi ancora troppo assistenzialistica”.
La Serra ha provato a misurarsi con il mercato. Un’esperienza difficile, ricorda il coordinatore del progetto Simone Righini: “Bisogna essere particolarmente competitivi, mentre per noi più importante è la parte educativa.
Quindi l’anno scorso siamo rientrati nel ramo onlus. Ma restiamo sempre pronti a inserirci in progetti di collaborazione. I nostri punti di forza? La Fondazione è in centro storico, facilmente raggiungibile. E siamo sempre disponibili a quel gesto in più verso le famiglie così prezioso”.
(Daniela Scherrer)
“Non immaginavamo che saremmo arrivati così lontano”. In parrocchia del Sacro Cuore a Pachino, questo settembre apre il primo piano, con 7 posti, della Casa-alloggio per disabili adulti Dopo di noi e Giuseppe Vassalli, insegnante e presidente dell’associazione Agape che la coordina, parla a nome dei fedeli della prima ora con cui nel 1987 aprì il Centro diurno per i concittadini diversamente abili.
Nel paese dell’«oro rosso», il pomodoro esportato in tutto il mondo (siamo in provincia di Siracusa e in diocesi di Noto), per la prima volta i più fragili potevano uscire dalle mura domestiche e incamminarsi verso giornate piene, inclusione sociale e autonomia.
Grazie alla generosità di tanti, ogni giorno da allora, di decine di volontari, professionisti, assistenti sociali, psicologi, un autista, una cuoca e alla grinta di due parroci, don Vincenzo Rametta e oggi don Matteo Buggea, la parrocchia fa il passo più atteso, quello del ‘mai più soli’: alle attività del Centro diurno aggiunge la nuova Casa per i portatori di handicap con genitori in età avanzata. “Ma quando ci posso venire io qua?, ci dicono i ragazzi del Centro – racconta Giuseppe Vassalli – Lo sentono come casa propria. È il segno di una relazione. Ovviamente Dopo di noi crescerà ancora per far fronte alle tante richieste. Ora dobbiamo completare il secondo e terzo piano”. Una storia nel segno della Provvidenza. Di sicuro in don Matteo Buggea, parroco non vedente, assistente nazionale del Mac (Movimento apostolico Ciechi), arrivato a Pachino nel 2011, chi sperava in questa Casa, ha trovato speciale sensibilità ed efficacia d’azione: “Il Centro diurno funziona dal 2000 nei locali parrocchiali grazie alla gara di solidarietà dei pachinesi, compresi i nostri emigrati a Toronto, in Canada. Poi dalla diocesi sono arrivati fondi 8xmille –ricorda don Matteo- E’ il simbolo della carità nel nostro territorio. Oggi l’abbiamo attrezzato anche per l’integrazione occupazionale, con i laboratori di ceramica e quelli di trasformazione dei prodotti tipici locali. I nostri concittadini diversamente abili sono inseriti pienamente anche nella liturgia, con una Messa animata da loro ogni mercoledì mattina.
E ora il Dopo di Noi rende più lungimirante questo spazio di assistenza permanente e amicizia. Ogni persona accolta conterà su un amministratore di sostegno”. Case di riposo inadeguate per loro, o la solitudine tra badanti e tv accesa: questo sarebbe stato il destino di molti senza la Casa. Nell’ultimo miglio prima dell’apertura don Matteo, temperamento che supera gli ostacoli e intuisce l’essenziale, ha saputo incoraggiare tanti, fino a queste porte aperte su una fede e una cittadinanza nuove: “lo faccio sempre – dice – Parlo con i giovani, con gli sposi. Mi dedico molto ad ascoltare, vado incontro alle persone, anche visitando i malati nelle case. È fondamentale nel mio ministero. La mia vita e la mia fede sono per gli altri”.
(Laura Delsere)