A Borgo Vittoria l’attenzione ai poveri si impara da bambini
Nella periferia nord di Torino la realtà parrocchiale di don Angelo Zucchi si è perfettamente integrata nel territorio, partendo dalla Caritas e da una scuola parrocchiale unica nel suo genere in città e proseguendo con una comunità ecumenica, un orto solidale e soprattutto col poliedrico "Centro anch'io", un vero punto di riferimento per gli abitanti del quartiere di edilizia popolare Q16.“La prima carità è l’educazione. Bisogna iniziare dall’educare le persone al fatto che la vita è un dono”. Così don Angelo Zucchi parroco della comunità di San Giuseppe Cafasso a Torino, spiega quale sia il cardine della sua azione pastorale nella chiesa dedicata a uno dei padri spirituali di San Giovanni Bosco. “Il primo atteggiamento da insegnare – dice il sacerdote originario della provincia di Brescia – è la gratuità, a dire grazie. Noi dobbiamo educare il cuore dell’uomo a quello per cui Dio l’ha fatto”. Questa missione don Angelo la porta avanti a Borgo Vittoria, quartiere della zona nord di Torino. “È un contesto di periferia con tutte le problematiche del caso – spiega il parroco -in questa zona tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Cinquanta la popolazione è triplicata per la massiccia emigrazione e l’inclusione vera l’hanno fatta la parrocchia e le Discepole dei Gesù Eucaristico”. Qui don Zucchi è arrivato undici anni fa. “Abbiamo cominciato dalla Caritas e soprattutto dalla scuola parrocchiale, che fino a qualche anno fa era solo dell’infanzia e primaria”. “Siamo l’unico istituto parrocchiale di Torino e forse del Piemonte – spiega Simona Beschin, la direttrice -. Abbiamo poco più di 500 alunni, per la maggior parte di Borgo Vittoria, ma per la nostra posizione i nostri studenti vengono anche da altre zone e dai paesi della cintura torinese”. “La nostra non è la classica scuola paritaria d’élite – specifica la dirigente –; la provenienza degli studenti è varia, da nuclei famigliari benestanti a quelli in difficoltà che possono venire da noi grazie ai contributi per esempio dalla Regione”. Una scuola, anch’essa dedicata a San Giuseppe Cafasso, che ha un rapporto stretto con la comunità, il cui motto è “Il centro della periferia” . “A noi piace dire – sottolinea Beschin – che la vita della parrocchia entra nella scuola e questa è stata una precisa scelta di don Angelo. L’istituto funziona da catalizzatore”. Una relazione che prende diverse forme. “Con la Caritas organizziamo, generalmente a marzo, il Donacibo – spiega la direttrice – ed è un momento per tutti per conoscere la realtà del quartiere. Dalla scuola dell’infanzia fino alle medie tutti sono coinvolti con compiti diversi, ad esempio
i bambini più piccoli aiutano a preparare i pacchi, mentre i più grandi vanno a distribuirli
e a portarli alle famiglie seguite dalla Caritas”. “Il momento della distribuzione a tratti è molto emozionante – aggiunge Simona – perché i ragazzi e le ragazze toccano con mano la povertà e soprattutto si accorgono che alle persone che ricevono i pacchi non interessa tanto il loro contenuto, quanto quei momenti di incontro durante la distribuzione”.
Un altro esempio è la Scatola di Natale. “È un’altra occasione di condivisione – afferma la dirigente –: bambini e ragazzi preparano una scatola che vuole far vivere un Natale vero anche alle famiglie in difficoltà. Come per il Donacibo collaborano tutti, preparando una scatola dove ci sono un prodotto per la cura della persona, un dolce, qualcosa di caldo, un gioco o un passatempo e un pensiero gentile”. L’aiuto alle persone bisognose, attraverso la Caritas, insieme all’attenzione ai giovani con l’oratorio, è uno dei pilastri della vita della parrocchia di San Giuseppe Cafasso, che ospita anche una comunità ecumenica e ha avviato un orto solidale.
“Assistiamo circa 200 persone – racconta Lucia Picconetti, una delle responsabili –; solo nel mese di settembre, quando non c’era distribuzione dei pacchi, abbiamo fatto otto colloqui”. “Tra le persone che seguiamo – aggiunge – ci sono tipologie di persone estremamente diverse, da chi ha perso il lavoro a madri rimaste sole per una separazione, a famiglie straniere. Il nostro quartiere è multietnico, siamo al centro del mondo”. Tante storie, un unico approccio. “La nostra non è la semplice consegna di un pacco – aggiunge Lucia –, è dedicare del tempo e dell’attenzione a delle persone in difficoltà. Tanto che, quando gli diamo quello di cui hanno bisogno, ci ritagliamo un momento con loro, li ascoltiamo”.
A essere impegnati in questo compito sono gruppi diversi. “Durante la settimana ci sono volontari che preparano e distribuiscono i pacchi a determinati tipi di utenti – dice Lucia, a cui l’impegno in Caritas ha insegnato ad ascoltare e a mettere al centro le persone -; il sabato c’è un gruppo di medici e farmacisti che tra gli altri consegnano farmaci da banco. In più
ci sono i giovani di medie e superiori con i loro insegnanti che portano pacchi, anche nelle case popolari,
alcune delle quali sono proprio dietro alla parrocchia”.
In uno dei complessi di edilizia popolare, il Q16, è nato Centro Anch’io. “Sono 30 condomini gestiti da ATC (Agenzia Territoriale per la Casa n.d.R)– racconta Laura Riccio, una delle due responsabili –, circa 150 appartamenti suddivisi in 30 scale. Ci vivono persone con difficoltà di ogni tipo, spesso seguite dai servizi sociali, a cui si sono aggiunte alcune famiglie rom, dopo lo sgombero dei campi nomadi da parte della precedente amministrazione comunale. In più ci sono 80 alloggi sfitti e una ventina occupati abusivamente. Per composizione e struttura interna è un ghetto”. “Su Corso Grosseto, dove ormai è rimasto solo un bar – aggiunge Laura, che si è avvicinata alle attività della parrocchia perché sua figlia frequenta la scuola Cafasso –, don Angelo ha deciso di prendere in affitto alcuni locali a piano strada per ospitare il Centro Anch’io” . Una struttura gestita da una decina di volontari provenienti dalla comunità di San Giuseppe Cafasso, che è diventata un punto di riferimento per gli abitanti del Q16. “Siamo aperti quattro giorni a settimana – spiega Laura – e dopo una breve registrazione dei dati aiutiamo le persone, grazie ai contatti che abbiamo con ATC, in alcune pratiche. Per esempio nella richiesta di un cambio di alloggio o in quella dell’intervento di un tecnico per un problema, oltre a dare la possibilità agli abitanti del Q16 di fare da noi le pratiche per l’accesso al Fondo sociale, quello che aiuta le persone incapaci di pagare il canone per morosità incolpevole. In più grazie alla mia collega Laura, l’altra responsabile, svolgiamo assistenza fiscale, come la richiesta dell’assegno unico”. Centro Anch’io è una realtà che collabora anche con la Caritas parrocchiale. “Il giovedì – conclude Laura Riccio – abbiamo la possibilità di avere, accanto al pacco, degli alimenti freschi e vengono molte persone non solo dal Q16”. Un’ulteriore faccia della comunità di Borgo Vittoria, che mette l’educazione e la carità al centro di tutto.
(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Angelo Zucchi)