Messina, la pastorale della strada e una rete per il bene
A Camaro, tra le baracche della periferia messinese, la comunità parrocchiale di don Antonio Basile e le suore missionarie dell'Immacolata sono un vero e proprio argine contro la dispersione scolastica e la ludopatia. «Qui più che mai i ragazzi hanno bisogno di ascolto, di speranza, di relazioni positive». E non solo i ragazzi.Nella zona di Camaro Inferiore, a Messina, accanto alle case popolari ci sono ancora le baracche, venute su dopo il terremoto del 1908. La parrocchia di San Paolo Apostolo è stata un prefabbricato fino al 1985, quando è stato costruito l’edificio sacro che c’è ancora oggi. A due passi, da oltre 15 anni, un cantiere è aperto per la sistemazione di un’area verde. «Camaro è un quartiere difficile, ma come in tutte le periferie, l’emergenza più grande riguarda i giovani. C’è molta dispersione scolastica e, per combatterla, la cosa fondamentale è stata fare rete con altre realtà del territorio, come la scuola e le istituzioni del quartiere. Costruire reti è l’unico modo per affrontare i problemi a cui ci troviamo di fronte». A spiegarlo è don Antonio Basile, parroco di San Paolo Apostolo nonché direttore della Caritas dell’arcidiocesi di Messina – Lipari – Santa Lucia del Mela e presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Antiusura intitolata a don Pino Puglisi.
«Il discorso della dispersione scolastica – prosegue – ci fa capire che il problema non è solo giovanile, ma familiare, perché le famiglie non incoraggiano i ragazzi nello studio. Questo significa che c’è un contesto familiare che ha bisogno di essere aiutato e seguito». In questo compito, e non solo, collaborano con il parroco le Suore Missionarie dell’Immacolata Regina della Pace di Mortara, presenti nel quartiere fin dagli anni Sessanta. «Questo quartiere da una parte è bello perché c’è un grande spazio per la missione, però alcuni disagi a livello di relazione esistono, ci sono grosse fragilità nel contesto culturale in cui siamo inserite, ma una buona rispondenza da parte delle famiglie», spiega suor Emma. Con le sue consorelle, collabora con «padre Nino», come viene chiamato affettuosamente il parroco, nella catechesi, nell’animazione dell’oratorio, nell’accoglienza delle famiglie che accompagnano i bambini ai percorsi di preparazione ai sacramenti. «Qui più che mai i ragazzi hanno bisogno di ascolto, di speranza, di relazioni positive», conclude la religiosa.
Per costruirle, è necessario conoscere gli spazi che abitano, andarli a trovare dove vivono. Ogni sabato, e anche la sera in diversi periodi dell’anno, don Antonio ha l’abitudine di «andare», come dice semplicemente. Ad accompagnarlo c’è spesso una delle missionarie. «Andiamo nelle case del quartiere e facciamo visita alle famiglie – spiega il sacerdote –. Ci spostiamo a piedi, perché anche
camminare per le strade comporta vedere la gente e scambiare qualche parola con loro. La strada diventa luogo della pastorale.
Non servono manifestazioni eclatanti, ma abbiamo bisogno di quella prossimità e di quell’ascolto a cui Papa Francesco più volte ci richiama».
Tante le storie drammatiche che si trovano ad ascoltare. C’è chi ha problemi di dipendenze, non solo verso sostanze stupefacenti ma anche verso il gioco d’azzardo. Una piaga a cui non è estranea nessuna classe sociale, che il parroco conosce bene grazie al lavoro della Fondazione Antiusura don Pino Puglisi. «Oggi, chi è incappato nell’usura, è soprattutto il giocatore d’azzardo – rimarca don Basile –. Sono rari gli altri casi che giungono in Fondazione. Ci sono anche altre cause, ma la ludopatia, qui nel nostro Sud, è una piaga veramente incredibile».
In prima linea nel contrasto al gioco d’azzardo, a Messina, c’è pure la cooperativa Santa Maria della Strada, che collabora con la Caritas diocesana e con la Fondazione. Spiega il responsabile Salvatore Gullotta: «Il problema della ludopatia è molto delicato, perché i ludopatici all’apparenza sembrano persone senza alcun problema, invece portano con sé tensioni familiari, sovraindebitamento, e una serie di difficili situazioni che non sempre a prima vista si vedono. Soprattutto, non sempre queste persone hanno voglia di andare ai Sert, ai quali ci si rivolge per le altre forme di dipendenza». La cooperativa supporta, invece, «spesso i familiari, che vengono a chiedere aiuto – prosegue Gullotta –. Una volta agganciato il nucleo, il nostro lavoro è ricucire lo strappo con il servizio pubblico, che è un po’ lo spirito della Caritas, che non si sostituisce ai servizi già esistenti, ma insieme a loro collabora. Inoltre costruiamo una rete attorno al giocatore, con i familiari, il datore di lavoro, i buoni amici, in modo che si riesca ad arginare il problema».
La Caritas e la cooperativa fanno parte del coordinamento nazionale “Mettiamoci in gioco” e qualche anno fa, grazie ai fondi dell’8xmille, è stato possibile finanziare
uno sportello di ascolto per il contrasto al gioco d’azzardo patologico.
Aperto nelle vicinanze della Stazione Centrale, lo sportello «porta avanti attività di promozione oltre che sostegno alle famiglie e alla persona che ha questa dipendenza», spiega ancora Gullotta. «La realtà del gioco d’azzardo è molto variegata – conclude –: c’è chi compra i gratta e vinci in modo compulsivo, ma abbiamo riscontrato che i più subdolo soni i giochi on line, che sono anche i più difficili da contrastare».
di Giulia Rocchi (foto gentilmente concesse da don Antonio Basile)