3 Marzo 2023

Il grido di una città di invisibili, la risposta delle comunità

Sono quasi 100.000 in Italia - e purtroppo stanno aumentando - le persone senza dimora. Da nord a sud, le comunità cristiane sono in prima linea nel cercare risposte concrete di solidarietà. Succede a Sondrio, nella ricca Valtellina, come pure a Battipaglia, in provincia di Salerno: in campo un piccolo esercito di volontari.

Poco più di 96mila. Tanti erano a fine 2021 le persone senza fissa dimora iscritte alle anagrafi comunali in Italia secondo il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, pubblicato dall’ISTAT. Una città di medie dimensioni, abitata in maggioranza da uomini, con una percentuale considerevole di stranieri (38%) e che si concentra soprattutto nei grandi centri. Una popolazione quella degli homeless, che secondo le stime della Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora (FioPSD) , riportate in un articolo del Corriere della Sera, sarebbe aumentata del 30% dal 2015.

Sondrio: perché nessuno dorma per strada

Una vera e propria emergenza, acuita dalla crisi economica e dalla pandemia, che ha iniziato a toccare anche zone d’Italia dove il fenomeno era quasi sconosciuto. Come è successo a Sondrio. Lì, nel cuore della Valtellina, opera don Christian Bricola, 51 anni, arciprete della parrocchia Santi Gervasio e Protasio e prevosto della Beata Vergine del Rosario, dove da metà gennaio 2023 è stato aperto un piccolo dormitorio, che si inserisce nel solco “Progetto Betlemme”, avviato dalla Caritas della diocesi di Como e che consente un’accoglienza temporanea nelle comunità parrocchiali di circa 200 senzatetto durante il periodo invernale. “L’idea è nata dal bisogno – spiega il sacerdote originario della provincia di Como –.

Fino a qualche anno fa qui a Sondrio nessuno dormiva per strada, se non per propria scelta.

C’era il dormitorio cittadino gestito dal 2015 dalla parrocchia e dalla Caritas. Ha 8 posti letto, è aperto dalle 20 alle 8; ci si può fare una doccia e cucinare”.

“Fino a Natale 2021 questa struttura bastava. Poi l’inverno scorso e quest’estate – prosegue don Christian – sono arrivate alcune persone, soprattutto egiziani e pachistani. La Croce Rossa e il Comune hanno aperto un altro centro, in un container, che è arrivato a contenere 8-9 persone, ma ci siamo accorti che qualcuno rimaneva fuori”. Una situazione nuova per un territorio piccolo come Sondrio (“qui ci si conosce tutti e i tempi per gli interventi sono relativamente brevi” dice don Bricola) dove c’è anche una mensa gestita dai volontari dell’Operazione Mato Grosso e che ha portato le realtà del territorio, la parrocchia, la Caritas, il Comune e la Croce Rossa a intervenire. “Ci siamo incontrati – dice don Christian -: eravamo tutti d’accordo ma bisognava partire e l’abbiamo fatto noi”. “Avevamo a disposizione un locale di proprietà della parrocchia – prosegue –, l’abbiamo sistemato e l’abbiamo attivato. Apre alle 20 e chiude alle otto del mattino”.

Una struttura con quattro posti letto, gestita da volontari, a cui si accede dopo un colloquio con la Caritas: “è importante conoscere le persone, anche perché il dormitorio di notte non è custodito” – precisa il parroco.

“Quando abbiamo deciso di aprire – racconta ancora il sacerdote – la domanda era: chi ci può dare una mano? Non sapevamo quale sarebbe stata la risposta ma alla riunione che abbiamo organizzato si sono presentate una cinquantina di persone. Non poche”. Uomini, donne, pensionati e lavoratori, ora ridotti a una trentina, che si alternano ogni giorno. “Una coppia di volontari – racconta don Christian – arriva verso le 19.30 e apre il dormitorio, accoglie le persone e gli fa trovare anche qualcosa da mangiare. La mattina dopo un’altra coppia viene a svegliare gli ospiti e gli porta una piccola colazione, per poi chiudere la struttura”.

Un dormitorio, che dovrebbe terminare la sua attività intorno a Pasqua, a cui dà una mano anche Gemma, 77 anni, un passato da infermiera, ora in pensione. “Abito di fianco all’entrata – dice – e quasi tutte le sere vado a salutare i volontari e, oltre al mio turno, quando manca qualcuno io ci sono”. Una scelta, quella di aiutare la nuova struttura che per Gemma, volontaria al Centro d’ascolto da 25 anni e con una lunga esperienza in politica dove si è occupata proprio di servizi sociali, è stata naturale. “Lo faccio perché voglio e mi piace – racconta la donna –:

l’attenzione agli altri è una cosa che mi appartiene, che fa parte di me, fin da quando lavoravo in ospedale”.

Per la donna il dormitorio è stata un’occasione, sia per chi ci sosta sia per chi li aiuta. “Per quanto ho potuto vedere abbiamo alcuni ospiti che sono cambiati – afferma la volontaria –. Hanno iniziato faticosamente a prendersi cura di se stessi e della propria vita. E per la nostra comunità, la grande risposta delle persone disposte a dare una mano è stata un segnale, un’occasione di crescita, per una città che non sempre in passato è stata così inclusiva”.


Battipaglia (SA): a nessuno manchi il cibo

Quasi mille chilometri più a sud, a Battipaglia, in provincia di Salerno, è la parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù che negli ultimi mesi ha deciso di muoversi per chi è senza fissa dimora, con l’apertura di una mensa di strada intitolata al beato “Don Pino Puglisi”. “Per noi – racconta don Luigi Piccolo, 38 anni, parroco dal 2021 – don Pino e don Bosco sono due riferimenti, perché erano fortemente affezionati alla strada, in modi diversi”.

“La scelta di creare una mensa di questo tipo – spiega il sacerdote – è nata dall’idea di aiutare i poveri, ma di farlo con un’opera di carità che ci vincolasse in maniera più diretta”. La scintilla è venuta nel febbraio 2022, quando don Luigi ha incontrato alcune donne della parrocchia che cercavano di dare una mano ai poveri. “Per me quella è sembrata l’occasione giusta per cominciare – ricorda il parroco –. Abbiamo iniziato qualche mese dopo, distribuendo pasti a 15 clochard”.

“Il martedì e il giovedì – spiega don Piccolo – un gruppo di donne prepara dei piatti nella cucina parrocchiale e con alcuni ragazzi e ragazze andiamo a distribuirli nelle varie piazze, dove stanno i senzatetto. Abbiamo cominciato anche a portare i pasti una terza sera, ma le signore già preparano dei piatti che le persone possono conservare e magari mangiare nei giorni successivi”.

Attualmente le persone aiutate sono una sessantina. “All’inizio – ricorda don Luigi – un po’ mi mettevano in guardia. È un impegno, come si fa andare avanti, mi dicevano, ma in questi mesi in città ci hanno sostenuti in tanti. Dico che

siamo stati aiutati, anzi pedinati dalla Provvidenza”.

Una mensa che funziona soprattutto grazie a una trentina di volontari. “Ci sono diversi giovani, alcuni dei quali svolgono il servizio civile – dice don Luigi che per coinvolgere i ragazzi ha fondato anche una squadra di calcio, il Real Taverna –. Quando ho proposto loro di darmi una mano, la risposta è stata entusiasta”. In più don Luigi cerca di stare ancora più vicino alle persone che vivono per strada. “Ogni sera – conclude il sacerdote – li vado a cercare in macchina, ci parlo e magari gli parlo anche di quello che facciamo”. A coordinare l’iniziativa c’è Alfredo Dal Verme, il responsabile della Caritas parrocchiale. “Appena sono andato in pensione – spiega – don Luigi aveva organizzato una riunione per trovare persone da coinvolgere per le attività della parrocchia e io avevo dato disponibilità, tra gli altri, per la Caritas”. “Ho iniziato a preparare i pacchi – ricorda Dal Verme – e qualche tempo dopo mi ha proposto di diventare il responsabile”. Accanto al centro d’ascolto e al confezionamento dei pacchi, Alfredo ha contribuito a organizzare la mensa. “Mi occupo in particolare di gestire i ragazzi e le ragazze che distribuiscono il cibo – dice il volontario – vanno sempre in coppia e sono quasi sempre gli stessi. È importante perché si crea un rapporto di conoscenza e di dialogo con le persone”. La mensa di strada però potrebbe essere solo un primo passo nell’aiuto ai senzatetto. “Abbiamo in mente – racconta Alfredo – di istituire un servizio coperte e di ripristinare quello delle docce”. Il tutto, cercando di lavorare con umiltà. “A noi piace usare una metafora – conclude Alfredo Dal Verme –

siamo come la rugiada, scendiamo ma nessuno ci sente”.

(di Roberto Brambillafoto gentilmente concesse da don Luigi Piccolo)

3 Marzo 2023
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