Vita del Santo
Juan Ciudad, conosciuto come Giovanni di Dio, nacque nel 1495 a Montemor-o-Novo, in Portogallo. All’età di otto anni un sacerdote lo portò misteriosamente via con sé, fino a lasciarlo ad Oropeza, dove venne adottato da un conte che gli diede una formazione scolastica e religiosa. Si arruolò, rischiando di essere impiccato perché gli fu sottratto un bottino. Un ufficiale, convinto della sua innocenza, lo graziò commutando la pena nella radiazione dall’esercito spagnolo. Una volta libero, Giovanni si fermò per giorni in preghiera davanti ad un crocifisso trovato per strada. Trascorse anni viaggiando in diverse città, finché tornato in Europa decise di dedicarsi alla vendita di libri religiosi e immagini sacre, lavorando e contemporaneamente portando avanti il suo proposito di apostolato. Nel 1538, un incontro con san Giovanni d’Avila segnò una profonda trasformazione spirituale che lo indusse a cambiare totalmente vita. Si spogliò di tutto e distribuì i suoi beni ai poveri, dedicandosi totalmente ai più bisognosi. Atteggiamento per il quale fu ritenuto pazzo e rinchiuso in manicomio: un’esperienza che lo portò a fondare il primo ospedale, trasformando un luogo di sofferenza in un luogo di speranza e di cura. Giovanni di Dio trascorse il resto della sua vita armonizzando sapientemente l’ardente carità e la vivace capacità organizzativa, servendo Cristo e perseguendo una tenera devozione per la Vergine Maria. Tra gli episodi della sua vita, celebre è quello dell’incendio dell’Ospedale Reale a Granada, che non si riusciva a domare in nessun modo. Giovanni di Dio vi accorse, si gettò in mezzo alle fiamme e da solo portò in salvo i malati, rimanendo illeso. Papa Pio XII lo definì «esempio splendidissimo di straordinaria penitenza e disprezzo di sé stesso, di contemplazione delle cose divine e continua orazione, di estrema povertà e perfetta obbedienza, specchio tesissimo di carità per il bene delle anime e dei corpi infermi». Morì nel giorno del suo cinquantacinquesimo compleanno, esausto dalle fatiche e inginocchiandosi davanti all’altare, stringendo un crocifisso tra le mani e pronunciando le parole: «Eccomi Signore, a te affido l’anima mia».
Agiografia
«Attraverso i corpi giungere alle anime»: è il motto che Giovanni di Dio portò avanti per tutta la vita, fondando ospedali e intraprendendo una vita di austerità e di penitenza, ma soprattutto di aiuto ai più fragili, ai bisognosi e ai malati. Il primo ospedale nacque con l’aiuto dell’arcivescovo di Granada, con il quale prese in affitto una casa e per anni diede alloggio a chiunque ne avesse bisogno, inclusi vagabondi e prostitute, che allora erano considerati non degni di assistenza. Dopo un’intera giornata a servizio dei malati, la sera Giovanni di Dio elemosinava fondi per il mantenimento dell’ospedale, entrando persino nel palazzo dell’Inquisizione per chiedere sussidi e aiuti. I malati vennero suddivisi secondo il tipo di infermità, riservando loro un letto per ciascun degente e anticipando così le varie divisioni dell’ospedale moderno. Non certo un luogo di segregazione come allora veniva considerato, piuttosto un luogo che aprisse le porte a tutti i fratelli e sorelle sofferenti, tenendo conto delle loro patologie e delle loro esigenze. Anche se ritenuto il fondatore dei Fatebenefratelli, Giovanni di Dio non pensò di costituire un vero e proprio ordine religioso, dunque non lasciò regole scritte, ma guidò i suoi compagni attraverso l’esempio e l’impegno personale. Non ultimo quello dato in punto di morte, quando fu felice perché l’arcivescovo gli promise di saldare personalmente tutti i debiti che gravavano sull’ospedale. Dopo la sua morte, i suoi discepoli si organizzarono in una congregazione e gli ospedali dei Fatebenefratelli vennero fondati in tutto il mondo.
Intervista impossibile di Monsignor Claudio Giuliodori al Santo
Quali processi indicheresti alla Chiesa di oggi per diventare sempre più attenta alle periferie esistenziali?
In una società che ha smarrito il centro e il senso dell’esistenza tutto diventa periferico. Allontanandoci dalla Misericordia di Dio perdiamo la misura e il valore delle cose. Così sono sempre di più le persone afflitte da malattie esistenziali che hanno bisogno di essere aiutate a riscoprire l’amore misericordioso di Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, via, verità e vita. Facciamoci prossimi gli uni degli altri, come Gesù ha fatto e continua a fare verso ogni sua creatura, per aiutarci a vivere l’amore fraterno e ad essere risanati da ogni male, soprattutto da quelli che inaridiscono il cuore e ci confinano nelle periferie dell’egoismo e dell’indifferenza.
Il lasciare tutto può essere ancor oggi una scelta significativa per riscoprire la nostra identità di figli e fratelli amati?
Quando inizi a metterti in gioco abbracciando gli ultimi e i più poveri senti quanto la vita sia preziosa e amata da Dio. Allora scopri il valore autentico delle persone e ti accorgi che i beni materiali sono poca cosa rispetto alla ricchezza della carità fraterna. Si lascia tutto quando si scopre di aver ricevuto tutto da Dio e che la vera ricchezza risiede nel donarsi, non nel possedere. Per questo dobbiamo dire a tutti e in ogni situazione “Fate il bene fratelli!”.
Quale strada ci suggerisci per integrare tutte le dimensioni della persona affinché il corpo diventi espressione dello spirito e viceversa?
Stare vicino ai malati e prendersi cura di essi ci fa scoprire che il corpo, soprattutto quello fragile e ferito non sminuisce la dignità della persona, anzi la fa diventare partecipe del mistero pasquale di Cristo che ha dato la sua vita per l’umanità prendendo su di sé tutte le sofferenze e le debolezze umane. Non si può mai separare lo spirito dal corpo perché il corpo è il tempio dello Spirito Santo e in questo tempio, qualunque sia la sua condizione fisica, siano chiamati a dare gloria a Dio.
Com’è possibile riconoscere nella carne dei sofferenti la presenza di Cristo che ci incontra? In che modo i sacerdoti possono diventare mediazione di questo incontro?
A differenza di tante visioni antiche e moderne che per esaltare lo spirito svalutano il corpo, fino a disprezzarlo, la visione cristiana ha come punto di riferimento l’incarnazione di Dio, cioè il fatto storico che Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo ed è venuto a condividere attraverso un corpo la nostra condizione umana. Il Verbo si è fatto carne! Umanità e divinità convivono in ogni essere umano toccato dalla grazia di Gesù, soprattutto quella che possiamo ricevere dai segni sacramentali della salvezza di cui i sacerdoti sono strumento indispensabile. Con la loro vita e con il loro ministero ci aiutano a rimanere intimamente uniti a Cristo e al suo corpo che è la Chiesa.
Segni iconografici distintivi
È ritratto solitamente in abito semplice. Talvolta viene raffigurato con un bambino malato, affidato alla sua cura, o con oggetti che richiamano l’ospedale e il servizio ai poveri (una cesta di vestiti o una cesta di pane).
Tradizione gastronomica legata al culto
Il giorno di San Giovanni di Dio è usanza mangiare alcuni chicchi aciduli di melograno, chiamati arilli. Il melograno è simbolo della carità, dell’Ordine dei Fatebenefratelli e della città di Granada. Si narra che durante uno dei suoi viaggi, Giovanni di Dio offrì le sue scarpe a un bambino scalzo, ma essendo troppo grandi lo prese in spalla. Affaticato, si fermò a bere ad un ruscello e si trovò di fronte un bambino Gesù, che tenendo in mano mezzo melograno con sopra una croce, gli disse: «Giovanni di Dio, Granada sarà la tua croce».
Curiosità
Al momento della sua morte tutte le campane della città di Granada si misero a suonare “a morto” senza che nessuno le avesse attivate.
Preghiere a San Giovanni di Dio
Ai vostri piedi prostrato,
o gran padre degli infermi,
vengo oggi per impetrare da voi che siete dispensatore di celesti tesori,
la grazia della cristiana rassegnazione,
e la guarigione dei mali che travagliano il corpo e l’anima mia.
O medico celeste,
non sdegnate di venire in mio soccorso,
ricordandovi i prodigi di carità operati nei giorni della vostra mortale carriera
a beneficio dell’umanità sofferente.
Siate voi il balsamo salutare che lenisca i dolori del corpo:
voi il freno potente che trattenga l’anima da fatali traviamenti:
voi il conforto, la luce, la guida nell’aspro sentiero che porta alla salute eterna.
Soprattutto, o san Giovanni di Dio, ottenetemi la grazia
di un sincero pentimento dei miei peccati, affinché possa,
quando a Dio piacerà, venire a benedirvi e ringraziarvi
nel Santo paradiso.
Così sia.
(di Autore Anonimo)
Signore Gesù che facendoti uomo,
hai voluto condividere le nostre sofferenze,
ti supplico, per l’intercessione di san Giovanni di Dio
di aiutarmi a superare questo difficile momento della mia vita.
Come un giorno hai dimostrato una particolare predilezione verso i malati,
così ora rivela anche a me la tua bontà.
Ravviva la mia fede nella tua presenza e dona a quanti mi assistono
la delicatezza del tuo amore.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei Santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.